Dal viale dei Templari
ai giardini del Re,
il nostro “genio verde”

Dal viale dei Templari ai giardini del Re, il nostro “genio verde”
di Vittorio Del Tufo
Domenica 15 Marzo 2020, 20:00
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Taci. Su le soglie
del bosco non odo
parole che dici
umane; ma odo
parole più nuove
che parlano gocciole e foglie
lontane.

(Gabriele D'annunzio, La pioggia nel pineto)
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Capodichino, primi anni dell'Ottocento. Il direttore giardiniere si sveglia tutte le mattine all'alba. Abita a poca distanza dal suo mecenate, il commerciante e massone tedesco Christian Heigelin, un personaggio dai gusti eccentrici. Il direttore giardiniere è considerato il numero uno, nel suo campo. Il più bravo di tutti. Ce ne fossero, a Napoli, di giardinieri bravi come lui. Heigelin gli ha chiesto di sistemargli lo splendido Giardino degli Iniziati, fiore all'occhiello della sontuosa dimora dove si ritrovano i massoni e i (sedicenti) Templari provenienti da tutta Europa. Un sancta sanctorum di cui non restano, oggi, che intonaci traballanti e mura sbrecciate, alle spalle del civico 201 di Calata Capodichino. Il direttore giardiniere è nato nel sobborgo di Bühle, in Germania, nel 1787, e da bambino era costretto dal padre a portare al pascolo le pecore per sbarcare il lunario. Il suo nome è Friedrich Dehnhardt e sarebbe diventato uno dei più grandi botanici di tutti i tempi.

Questa è la storia di un uomo che ha contribuito, nell'800, a cambiare il volto di Napoli. La città deve molto al direttore giardiniere che cominciò la sua carriera curando il giardino di Villa Heigelin. La Villa Comunale e l'Orto Botanico, la Villa Floridiana e il Parco di Capodimonte, non avrebbero l'aspetto che oggi conosciamo se i rispettivi giardini non fossero stati forgiati dalle mani geniali di Friedrich Dehnhardt.

Nel 1807, a vent'anni, Friedrich decise di incamminarsi, da Vienna, per raggiungere Milano a piedi. Impiegò quaranta giorni. Ma ne valse la pena, perché grazie ai buoni uffici di una nobildonna, la marchesa Cusani, trovò un impegno presso il parco di Monza, dove lavorò circa tre anni. Nel 1810 il trasferimento a Napoli, alla corte del principe massone giramondo Christian Heigelin. E qui, per il futuro botanico e per noi, comincia una storia nella storia. Che merita di essere raccontata.
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Sbirciando alle spalle del civico 201 di calata Capodichino, oggi, si può solo intuire la grandiosità di quello che per anni è stato il teatro di misteriosi raduni. Eppure, fu proprio in questa villa oggi cadente - appartenuta al banchiere tedesco Heigelin, principe massone giramondo - che personaggi del calibro di Johann Wolfgang Goethe, Percy Bysshe Shelley e il conte Cagliostro soggiornarono in epoca diversa, animando in qualità di ospiti illustri i convegni dei Templari napoletani.

Uno scomodo viale, che si poteva salire a piedi o a cavallo; poi, un labirinto di stradine; infine, una rapida scalinata. Tutt'intorno, una sorta di percorso iniziatico: un Serapide in bassorilievo con allegorie del dio Toro, un padiglione con marmi e iscrizioni sepolcrali, una cappella, un tempio ricavato entro una grotta, un teatro all'aperto. Una vera e propria dimora iniziatica, tra Settecento e Ottocento tappa obbligata per tutti i fratelli che si trovassero a passare da Napoli. Christian Heigelin era emigrato qui nel 1760 per dar vita, con il Gran Maestro Francesco d'Aquino di Caramanico, alla celebre Gran Loggia di Napoli e Sicilia. Principi e poeti iniziati percorsero i corridoi della villa di Capodichino e il Gran Maestro Diego Naselli dei principi d'Aragona, confidente di Maria Carolina, frequentò a sua volta la dimora. Fu qui che il tenebroso barone Karl Eberhrd von Vachter iniziò i primi dieci neo-Cavalieri napoletani con l'esecuzione di un antico e solenne rituale, la Militia Christi Templioque Salomonici, e sempre qui che Giuseppe Balsamo - conte di Cagliostro e avventuriero, falsario, mago, filosofo, medico e negromante - completò nel 1775 il suo inquieto periodo di formazione iniziatica. Tra queste mura sostarono anche i massoni aderenti alla sigla Stretta Osservanza che pretendeva, forse millantando, di raccogliere l'eredità spirituale di Jacques de Molay, nume dei Templari.
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Del Giardino degli Iniziati di Villa Heigelin Friedrich Dehnhardt è stato per anni il silenzioso custode. Già prima di essere nominato direttore di tutti i giardini di Napoli, nel 1815, il botanico e architetto del paesaggio aveva studiato e descritto numerose piante esotiche: la sua passione. Proprio in virtù di queste conoscenze, che a Napoli solo Dehnhardt possedeva, il pioniere e primo direttore dell'Orto Botanico di Napoli, Michele Tenore, scrisse personalmente al ministro dell'interno per caldeggiare la nomina del botanico tedesco a ispettore della struttura di via Foria, che aveva aperto i battenti nel 1811. Fu un periodo esaltante. Dehnhardt studiò numerosi tipi di Eucalyptus, tra i quali il camaldulensis - una varietà australiana che gli fu inviata da un suo amico studioso - e gli vennero affidati altri lavori che avrebbero contribuito allo sviluppo delle aree verdi in città.

Nel giugno 1815 Ferdinando IV di Borbone acquista per la moglie morganatica Lucia Migliaccio, duchessa di Floridia, la grande tenuta del principe Giuseppe Caracciolo di Torella, un ampio appezzamento sulla collina del Vomero dove si ergeva una imponente villa che, in onore della moglie, chiamò Floridiana. Dehnhardt, chiamato a occuparsi dei giardini, vi fa piantare oltre centocinquanta specie. Anche il grande botanico contribuisce a fare di quel parco un luogo leggendario, dal fascino quasi sinistro. La figlia di Lucia Migliaccio, Mariannina Grifeo, sposata con Nicola Serra di Gerace conte di Montesantangelo, morì giovanissima nel 1838. Il figlio della coppia, Pasquale, era affetto da demenza. Il giardino borbonico esercitò su di lui una malia talmente sinistra da farlo impazzire: passò parte della sua vita a gattonare nel parco, e a convincere se stesso e chi gli stava vicino che non era più un uomo, bensì un animale della giungla!
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Dehnhardt visse quasi cent'anni (dal 1783 al 1870), gran parte dei quali trascorsi a Napoli. Da ispettore dell'Orto Botanico, nei primi anni dell'800, curò la scelta delle essenze arboree della Villa Comunale. A lui si deve la realizzazione del boschetto, grazie al quale l'aspetto del Real Passaggio di Chiaia mutò: quello che fino ad allora era un semplice passeggio alberato rettilineo diventò un vero e proprio parco cittadino, con sentieri e aiuole, secondo il pensiero romantico di quel periodo.

Anche il Bosco di Capodimonte deve molto al geniale botanico tedesco, che del principale polmone verde di Napoli fu il primo direttore. La sua statua, con una iscrizione in tedesco, è conservata vicino Porta Grande. Al pari del mitico Direttore dei Pompieri di Napoli Francesco Del Giudice, che diresse la Compagnia dal 1838 al 1878 superando indenne il passaggio dal regno delle Due Sicilie all'Unità d'Italia, Dehnhardt mantenne il suo incarico per quasi cinquant'anni, superando la dominazione francese e la restaurazione borbonica. Nessuno osò mettere in discussione i suoi meriti. Un altro esempio mirabile di cui dovremmo far tesoro in questi tempi confusi. 
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