Ucciso da moglie e figli a Giffoni, il video: lui le getta liquido in faccia, lei prende bastone e coltello

Ucciso da moglie e figli a Giffoni, il video: lui le getta liquido in faccia, lei prende bastone e coltello
di Carmen Incisivo
Sabato 20 Agosto 2022, 22:58 - Ultimo agg. 21 Agosto, 15:51
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La denuncia che Monica Milite aveva presentato contro il marito per maltrattamenti in famiglia fu ritrattata. È quanto emerge man mano che il profilo della donna va componendosi sia attraverso elementi raccolti dai carabinieri che grazie a racconti ricostruiti da chi la conosce. Milite è indagata, assieme a due dei suoi quattro figli (uno maggiorenne e uno minorenne), per l’omicidio del marito, il 43enne Ciro Palmieri di cui lei stessa aveva denunciato la scomparsa, dal piccolo comune di Giffoni valle Piana in provincia di Salerno, il 30 luglio scorso. L’uomo, sostenne, si era allontanato di casa la sera prima senza far ritorno. Quello che poi le telecamere di sorveglianza dell’abitazione familiare hanno rivelato, è che Palmieri era già stato ammazzato a coltellate, gli era stata amputata una gamba ed era stato imbustato in attesa della finalizzazione dell’occultamento dei suoi resti ad opera dei suoi stessi familiari. 


Quando, nel 2015, la donna segnalò alle forze dell’ordine le botte e gli insulti di cui era vittima per mano del marito, fu disposto un allontanamento dal nucleo familiare. Separazione che non durò moltissimo perché quando il caso arrivò in tribunale, la donna decise di alleggerire di molto quanto aveva riferito alle forze dell’ordine ed alle operatici di un numero rosa che lei stessa contattò per avere supporto nell’affrontare quella che, all’epoca, era solo l’ennesima triste storia di violenza tra le mura domestiche.

La posizione di quel marito descritto come orco e carceriere era cambiata, probabilmente a seguito di una riconciliazione coniugale. Dietrofront che fruttò alla donna un’accusa per calunnia, non sporta dal marito ma disposta d’ufficio proprio perché il cambio di idee, dichiarazioni ed umori fu così repentino che insospettì chi, a quel tempo, si occupava del caso. Poi sono passati anni e tra un litigio e l’altro si è arrivati al folle epilogo di venerdì mattina quando madre e due figli sono stati arrestati con l’accusa di omicidio aggravato dalla crudeltà e occultamento di cadavere. 

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Nella tarda mattinata di ieri, sia la Procura ordinaria di Salerno che quella minorile hanno fissato le udienze di convalida dei fermi eseguiti dai carabinieri all’alba di venerdì. Monica e Massimiliano compariranno davanti al gip alle 9.30 mentre alle 11.00 toccherà ad A. il figlio 15enne, terzogenito della coppia. Quest’ultimo era stato già informalmente ascoltato dall’aggiunto del Tribunale dei minori, Patrizia Imperato, che con lui, alla presenza del legale difensore Damiano Cantalupo, aveva fatto una prima chiacchierata. Dialogo nel quale A. sarebbe stato partecipe senza, però, mostrare alcun pentimento per ciò che, assieme ai propri familiari, aveva fatto una ventina di giorni prima. Descritto come un ragazzino di grande intelligenza e ottima capacità dialettica, è apparso freddo e lucido, perfino sollevato dal fatto della morte del padre-padrone che ne avvelenava la quotidianità. Ed è stato proprio A. a confermare, pur velocemente e senza dare troppi elementi che potrebbero essere invece oggetto dell’interrogatorio di garanzia di domani, sulle violenze che veniva perpetrate all’interno della casa del delitto.

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L’unica persona a cui A. ha pensato e di cui ha chiesto è il fratellino 11enne N., attualmente ospitato da una comunità protetta. È molto probabile che il ragazzino, nell’udienza di domattina, confermi quanto già informalmente espresso. Non è chiaro, invece, se i due maggiorenni, Monica Milite e il figlio maggiorenne Massimiliano, si avvarranno della facoltà di non rispondere oppure se risponderanno alle domande che il gip rivolgerà loro. Madre e figlio maggiore restano in cella, nella casa circondariale di Fuorni a Salerno, sorvegliati a vista per il timore che possano compiere qualche gesto inconsulto. Neanche loro avrebbero fatto particolari richieste né mostrato segni di cedimento o dispiacere relativamente a quanto accaduto alla frazione Curticelle di Giffoni Valle Piana. 

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Emergono nuovi particolari anche sulla dinamica dell’omicidio che, si nota dalle telecamere, ha avuto inizio da una lite. Dalle immagini sequestrate dai militari, si vede Ciro Palmieri tirare un liquido in faccia alla moglie che lo aggredisce con un bastone, poi afferra il coltello e comincia a pugnalarlo, seguita dai figli più grandi. Fendenti che non si sono fermati neanche quando la vittima era inerte a terra. Tutto sotto lo sguardo «attonito e sbigottito» del minore dei figli della coppia. I coltelli sono stati trovati sepolti nel giardino della casa. Rinvenimento che si deve al secondogenito Massimiliano che aveva indicato anche il luogo della dispersione dei resti del padre. Resti che sono rimasti in casa per circa 24 ore: l’uomo viene ucciso il 29 luglio ma la sua salma mutilata viene abbandonata in una zona impervia della strada provinciale 25 solo nella notte del 30 luglio, chiuso in un sacco nero. Il cadavere di Ciro Palmieri, che veniva definito solo scomparso in quelle ore, è rimasto imbustato in casa per un giorno prima che se ne liberassero, col favore del buio. L’autopsia sul cadavere sarà svolta mercoledì dal medico legale Gianluca Casaburi. Si tratta di un atto formale, atteso che i resti dell’uomo sono abbastanza deteriorati e che le cause della morte sono chiare. Ciò che va acclarato è il movente che sembra sempre più indirizzarsi verso un delitto d’impeto, provocato da rapporti disfunzionali e violenti all’interno del contesto familiare. Occorrerà fare chiarezza sull’eventuale premeditazione del gesto e capire se, eventualmente, la coordinazione dei membri sia dovuta a una forte pressione esercitata da uno di loro sugli altri. 

«Lei mi diceva: se n’è andato, non è tornato, sono venuti a prenderlo delle persone di un brutto giro. Penso che il mostro non sia mio fratello» rivela, al Tg3, Luca Palmieri, fratello della vittima. «Non giustifico e non ammetto le violenze, ma arrivare da uno schiaffo ad una atrocità del genere. Penso che il mostro non sia mio fratello».
 

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