Il vescovo di Nocera ai politici
«Ora le idee, basta turpiloquio»

Il vescovo di Nocera Inferiore-Sarno, monsignor Giuseppe Giudice
Il vescovo di Nocera Inferiore-Sarno, monsignor Giuseppe Giudice
di G​iuseppe Pecorelli
Lunedì 1 Maggio 2017, 06:40 - Ultimo agg. 09:40
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«Ci accorgiamo sempre più di come la politica è attraversata da due realtà ambivalenti: il multiloquio di chi si improvvisa politico, dimenticando che la polis fa riferimento alla città, al tutto; e il silenzio imbarazzante di chi, deluso, non vuol più sentire parlare di questa politica». È uno dei passaggi cruciali del Discorso alla Città dell’Agro, che il vescovo di Nocera inferiore-Sarno, monsignor Giuseppe Giudice, rivolge ieri sera ai cittadini nocerini e, soprattutto, ai rappresentanti delle istituzioni pubbliche locali che gremiscono la cattedrale di San Prisco. Mancano pochi giorni alla festa patronale di Nocera inferiore, che il 9 maggio celebrerà il custode della città, ed il presule considera questo come il tempo per meditare sui problemi della comunità, per focalizzare urgenze e bisogni, per costruire la speranza di un tempo migliore. I toni solo quelli riflessivi e pacati di un vescovo, che legge l’attualità attraverso il filtro delle Sacre Scritture, ma anche della letteratura e dell’arte figurativa. Non a caso, nel discorso, cita Giacomo Leopardi e la sua celebre “Il sabato del villaggio”.

È il giorno dell’attesa: il poeta lo definisce “pien di speme e di gioia”. Il sabato santo, per i credenti, è dedicato alla speranza della risurrezione. Un futuro bello è possibile se si ha il coraggio di osservarsi con sguardo critico. «Da una parte – continua monsignor Giudice – è il molto parlare (che rasenta il turpiloquio), producendo una frammentazione sociale e politica; e, d’altra parte, l’allontanamento del paese reale, che la Chiesa ben conosce, dal mondo della politica». Mancano i maestri, i punti di riferimento. «Sembra vero – dice ancora – che dopo il tempo del complesso di Edipo, l’uccisione del padre, oggi l’uomo vive il complesso di Telemaco, figlio di Ulisse, l’attesa del ritorno del padre. Da più parti si chiedono veri modelli educativi, uomini e donne che sappiano ispirare pensieri, grandi ideali; si chiedono e si cercano profeti e non gente che gestisce le pozzanghere o, peggio, che in esse ci sguazza».
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