In salvo nella casa canonica:
«Donne e bambini, altri pericoli»

In salvo nella casa canonica: «Donne e bambini, altri pericoli»
di Barbara Cangiano
Lunedì 21 Marzo 2022, 07:51 - Ultimo agg. 19:40
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C'è chi ha portato un plumcake. Chi una torta. E le pizzette, l'aranciata e la cioccolata calda per scaldare l'umido della domenica pomeriggio. Il cortile della casa canonica della chiesa di San Bartolomeo, a Capezzano, si veste a festa con mamme, papà, nonni e bambini pronti a un grande abbraccio. Ma questa volta non ci sono candeline da spegnere, anche se l'occasione vale la pena di essere celebrata. A bordo di un mini bus rosso, infatti, arrivano quattro donne e due bambini, alcune da un paesino vicino Leopoli, altre da Mykolaiv. Sono belle e stravolte. Il volto fisso di chi ha visto la morte a un passo e ora stenta a riconoscere i luoghi. Stringono i figli e ringraziano, con le lacrime agli occhi, dopo essere state travolte dall'affetto dei fedeli. Tutta la comunità ha voluto essere presente per dare loro il benvenuto e mostrare quella che, da oggi, sarà la loro casa temporanea. «Hanno fatto tutto loro e in una sola settimana - spiega don Alfonso Gentile - Si sono occupati di ritinteggiare le pareti e di cambiare gli infissi che erano danneggiati. Ci hanno portato dei mobili per arredare gli interni e siamo riusciti a creare tre stanze da letto, un angolo cottura con una sala da pranzo e un salottino». Sui letti ci sono palloncini a forma di cuore e pelouche. Li hanno sistemati così i bambini del catechismo che ora non vedono l'ora di poter conoscere i nuovi amici.

«Abbiamo registrato una gara di solidarietà sorprendente - continua il parroco - E questo ci riempie il cuore di gioia». In casa non manca nulla. Anche la dispensa è piena e sono tante le fedeli che si sono messe ai fornelli per portare un pasto caldo. «Ci servirebbero un computer e una televisione - spiegano - Una delle ragazze segue on line i corsi dell'Università». Perché la guerra sfalda le famiglie, spacca gli affetti, strappa le vite, ma c'è un tentativo di normalità che supera bombe e sirene, al quale è giusto ancorarsi per non perdere la speranza. «Abbiamo provato a incarnare il Vangelo, a mettere concretamente in pratica le parole di Gesù», dice il vice parroco don Giovanni Coppola, mentre tutt'intorno ci si organizza per oggi. Mamme e bambini, infatti, vanno via velocemente per raggiungere i familiari che vivono da tempo a Salerno. Poi, nel giorno che segna l'inizio della primavera, si trasferiranno nella casetta gialla decorata con i colori della loro bandiera. «La cosa più bella è che l'arrivo di queste profughe ha dimostrato quanto sia compatta la nostra comunità - spiega Valerio De Rosa, referente sinodale - Non c'è stato nessuno che si sia tirato indietro e tutti hanno dato il loro contributo per fare in modo che queste due famiglie si sentissero sicure». E sicurezza è la parola chiave di un orrore che rischia di infilarsi nell'orrore, perché, chiarisce don Alfonso, «parliamo di donne giovani e di bambini. Quindi bisogna stare molto attenti ed evitare speculazioni o altro. Ecco perché è la Caritas a fare da filtro per le richieste.

Bisogna essere certi che queste persone che hanno rischiato la vita e che sono state costrette ad abbandonare i mariti o i padri, finiscano in buone mani». Dopo aver trascorso la prima notte in Italia dai familiari, da oggi proveranno a ridisegnarsi una nuova vita.

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«Sarà la loro vera primavera - racconta una fedele mentre indica il vaso di fiori gialli che spunta nel salotto blu mare - Con noi riusciranno a recuperare la serenità perduta e a riprendersi da quello che hanno vissuto». A breve diventeranno sette, perché le raggiungerà il marito di una di loro, un camionista che al momento dello scoppio della guerra si trovava in Germania e non è più tornato in patria. «Tanti mi chiedono come possono dare una mano, se possono fare amicizia con loro - continua il parroco - In una prima fase credo sia meglio rispettare la loro privacy e farle ambientare. Sarà nostra cura occuparci di tutto, dal permesso di soggiorno all'assistenza sanitaria fino all'inserimento scolastico. Poi, se lo vorranno, le porte della nostra parrocchia sono più che aperte. Spalancate».

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