Salerno, la beffa delle pedane in spiaggia:
«Non possiamo chiedere il dissequestro»

Salerno, la beffa delle pedane in spiaggia: «Non possiamo chiedere il dissequestro»
di Carmen Incisivo
Venerdì 22 Luglio 2022, 11:00
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Ieri era esattamente una settimana che quattro gestori degli arenili pubblici, assegnati in concessione dal Comune con apposito bando pubblico, attendono di ricevere la notifica del decreto di sequestro delle pedane amovibili a cui, giovedì scorso, vigili urbani e guardia di finanza misero i sigilli in quanto ritenute fuori legge. Attendono il provvedimento non tanto perché abbiano voglia di leggere quello che le forze dell'ordine hanno contestato nelle immediatezze dell'apposizione dei sigilli, quanto perché senza quello non si potrà procedere alla richiesta di dissequestro. Insomma, oltre il danno anche la beffa perché le pedane di legno su cui erano appoggiati i chioschi - secondo i gestori autorizzati dal Comune, come sembra essere emerso anche all'indomani dei fatti, nel corso delle audizioni disposte in commissione trasparenza dal presidente Antonio Cammarota - restano delimitate da nastro rosso e bianco e così sarà fino a che la legge, che in questo caso sembra essere più lenta del dovuto, non consentirà di produrre una richiesta di annullamento del provvedimento. L'attesa, però, sta diventando davvero snervante per chi ha fatto degli investimenti ed ha a disposizione poco meno di tre mesi per lavorare.

I gestori si sono subito rivolti a un legale, l'avvocato Salvatore Aiello che ha recuperato tutti i documenti relativi alla questione ma al momento è costretto a mordere il freno per l'impossibilità di portare avanti la difesa degli assistiti. «Al momento sappiamo solo ciò che sul posto, al momento dei fatti, è stato contestato ai gestori - spiega l'avvocato Aiello - è chiaro che qualunque richiesta vogliamo fare deve necessariamente essere preceduta dalla notifica del sequestro che dovrà essere convalidato dal giudice.

Siamo fermi per questo ritardo. Attendiamo ma è evidente che così crescono i danni per i miei assistiti che non stanno usufruendo di una struttura necessaria per il loro lavoro. Valuteremo anche questi danni». 

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I sequestri si verificarono lo scorso giovedì quando caschi bianchi e fiamme gialle fecero in giro di ricognizione degli arenili pubblici che il Comune aveva dato in gestione poche settimane prima, riscontrando - a loro detta e come riportato nei verbali - alcune difformità rispetto alle dimensioni delle pedane lignee sulle quali avevano allocato i chioschetti autorizzati dal Comune. Nessuna ragione o la rilettura dei contratti sottoscritti con l'ente cambiarono le carte in tavola: le pedane furono prima rimosse e poi messe sotto sequestro. Ne derivò una protesta veemente da parte dei gestori che, attraverso l'associazione di categoria Anva, denunciarono quanto era appena accaduto contestando la legittimità del provvedimento appena subito anche perchè - lamentavano gli operatori - «contestavano la non amovibilità, non vera visto che abbiamo rimosso tutto in due minuti». «Nel disciplinare per l'affidamento dei servizi pubblici su tratti di arenili liberi non in concessione per la stagione balneare 2022 - spiegavano ancora i gestori - allegate le planimetrie per una superficie occupata di 40mq, sosteneva nell'articolo 6 che avrebbe installato un chiosco e bagni chimici. Poi abbiamo scoperto, dopo aver anche pagato, che il chiosco non era a copertura integrale di 40 metri quadrati ma solo di 12 e anche che i bagni sarebbero stati posizionati distante per problemi logistici e di pulizia». Ma la questione sarebbe poi stata superata attraverso il dialogo con l'ente a cui fu richiesto di «poter coprire l'intera superficie di 40 metri quadrati con una pedana al fine di consentire il posizionamento del chioschetto, dei bagni ed il ricovero delle strutture balneari da fittare, cosa che è stata fatta alla stipula del contratto con allegata la planimetria indicante la superficie dei 40mq». Versione che ha trovato conferma nelle parole della dirigente comunale Del Pozzo che in commissione trasparenza confermò che «l'area assentita era effettivamente di 40 mq relativi alla casetta per il chiosco, a bagni, attrezzature e quant'altro, ma che erano a carico del contraente gli adempimenti per ottenere i titoli abilitativi, ove possibili, al netto della base del chiosco». 

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