D'Andrea (Sun): «La chirurgia plastica non è un burqa di carne»

D'Andrea (Sun): «La chirurgia plastica non è un burqa di carne»
Martedì 3 Febbraio 2015, 15:12 - Ultimo agg. 15:13
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In merito alla polemica innescata dalle dichiarazioni del cardinale Gianfranco Ravasi, presidente del dicastero del Vaticano, che ha definito la chirurgia estetica un «burqa di carne» scendono in campo le associazioni di chirurgia estetica. A cominciare dalla Sicpre - Società Italiana di Chirurgia Plastica Ricostruttiva ed Estetica - la più antica e rappresentativa associazione di Chirurghi Plastici in Italia, fondata a Roma nel 1934 e che conta oggi circa 1200 soci, pari all’80% degli specialisti presenti nel nostro Paese. Il professore Francesco D’Andrea, cattedra alla Seconda Università di Napoli di Chirurgia plastica e ricostruttiva, rappresentante della Sicpre scrive in una nota: «Le dichiarazioni del Vaticano sono assolutamente inopportune. Da sempre professiamo l'importanza di una chirurgia estetica etica, che in dovute situazioni e condizioni riesce a curare l'anima e quindi va supportata. Di contro da sempre condanniamo gli estremi che stravolgono il fisico e gli interventi eseguiti solo perché visti come una possibile scorciatoia per il successo e quindi senza le dovute indicazioni».



Riprende D’Andrea: «La chirurgia estetica altro non è che un ramo della chirurgia plastica ricostruttiva, con le stesse identiche finalità di migliorare le forme corporee.
La differenza è data dal fatto che nella chirurgia ricostruttiva partiamo da vere e proprie patologie che colpiscono il nostro corpo (Traumi, deturpazioni dopo interventi demolitivi per tumori, malformazioni congenite, ustioni, etc) e nella chirurgia estetica partiamo da inestetismi che provocano forti disagi psicologici. L'obiettivo finale della chirurgia estetica etica è comunque quello che risponde agli obiettivi della medicina moderna ed ai dettami dell'organizzazione mondiale della Sanità OMS, cioè salute intesa come benessere psicofisico. Assolutamente da condannare l'idea di far passare il vecchio concetto della donna oggetto, ormai obsoleta e superata».
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