Cure hi-tech, l'importanza dell'ingegnere biomedico

Cure hi-tech, l'importanza dell'ingegnere biomedico
di Sofia Gorgoni
Giovedì 30 Luglio 2020, 21:00
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Le nuove tecnologie hanno cambiato le metodiche di diagnosi, cura e riabilitazione nel settore medico. «Questo riguarda tutte le tecnologie che si sono innestate in maniera multidisciplinare sulla medicina, senza esautorare la figura del medico, ma sostenendola in tutte le sue attività». A spiegare le opportunità dell'innovazione tecnologica è il professore ordinario dell'Università del Molise, Giuseppe Peter Vanoli. «Un risultato maggiore, però, si ottiene con una reale interdisciplinarità tra le conoscenze mediche e quelle delle tecnologie ingegneristiche», premette.

In Italia sono molte le realtà che da anni si occupano di ingegneria medica e ingegneria biomedica: «Eccellenze che sviluppano ricerca e applicazioni in questo ambito», dice il professore. «In Molise abbiamo avuto l'opportunità di far partire un corso di Ingegneria medica all'interno di un dipartimento di medicina. Un corso, quindi, dove l'allievo ingegnere entra già in contatto con il mondo medico e questo esalta quell'aspetto di multidisciplinarità che io ritengo importante per il futuro di questa professione».  Per quanto riguarda i dati anche prima del Covid-19 relativi alle aspettative di occupazione all'interno dei comparti dell'ingegneria biomedica e delle tecnologie applicate alla medicina, «i numeri sono sicuramente tra i più importanti a livello mondiale». Cioè, spiega il docente universitario, «le aspettative di crescita del settore e quindi di occupazione sono certamente di gran lunga tra le maggiori. Oggi esiste la figura dell'ingegnere biomedico o ingegnere medico e l'albo della professione di ingegneria ha previsto una sezione a parte. Anche il mondo delle professioni quindi si è mosso in questo senso. Se i corsi di ingegneria medica esistono da anni, la peculiarità dell'Università del Molise è proprio quella di avere un corso dal dipartimento di medicina, quindi far entrare in contatto subito lo studente con il suo mondo di applicazione». Prosegue l'esperto: «Spesso si parla dell'ingegnere biomedico, pensando all'applicazione nella cura dell'individuo, ma l'ingegneria biomedica  e medica si applica anche nella gestione delle strutture sanitarie. Oggi, ad esempio, si discute della necessità di creare sistemi di contenimento, percorsi protetti, tecnologie che consentano di tracciare i movimenti anche all'interno di un ospedale. L'ingegnere biomedico si occupa di questo, ma anche di tante altre cose per noi poco visibili, ma importanti, quali la gestione delle apparecchiature, dei rifiuti speciali e in senso più ampio della sicurezza della struttura sanitaria». L'epidemia lo ha messo ancora più in evidenza: «L'ospedale è il punto più importante nella gestione di una malattia o di un'epidemia. Conclude il professore: «Io penso che il medico avrà una professione che vedrà sempre più integrata la tecnologia e l'ingegnere si avvicinerà sempre di più alla medicina, ma rimarranno, ovviamente, due professioni distinte. All'estero ci sono casi di neurochirurgia interventistica coadiuvata direttamente da ingegneri, il futuro a mio parere vedrà sempre due figure distinte, ma con una maggiore integrazione di competenze e professionalità». 
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