«C'era una volta il crimine»: a spasso nel tempo per rubare la Gioconda

«C'era una volta il crimine»: a spasso nel tempo per rubare la Gioconda
di Titta Fiore
Martedì 8 Marzo 2022, 12:47
4 Minuti di Lettura

A spasso nel tempo per rubare la Gioconda ai francesi e battere i nazisti. «C'era una volta il crimine», atto finale della saga con la scalcagnata banda diretta da Massimiliano Bruno, riporta i suoi protagonisti nell'Italia del 1943 devastata dalla seconda guerra mondiale. Attraversando il Paese nel fatidico 8 settembre, giorno dell'armistizio, lo spaccone Moreno (Marco Giallini), il prudente Giuseppe (Gian Marco Tognazzi), con le new entry Claudio (Giampaolo Morelli), polemico professore di storia, e Adele (Carolina Crescentini), la giovane futura nonna di Moreno, incontreranno personaggi che nel bene e male hanno fatto la storia come Sandro Pertini, Benito Mussolini, il re Vittorio Emanuele III e parleranno al telefono perfino con Hitler. Cialtroni nella vita, i tre uomini piovuti dal futuro si ritroveranno loro malgrado a fare una scelta eroica. Ma l'arrivo della Banda della Magliana guidata da Renatino (Edoardo Leo), con l'aiuto di Gianfranco (Max Bruno) e Lorella (Giulia Bevilacqua), li sosterrà nello scontro finale con le SS in un anticipo vittorioso delle Quattro Giornate di Napoli.

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In sala da giovedì 10 marzo in 500 copie, prodotto da Fulvio e Federica Lucisano con Rai Cinema, «C'era una volta il crimine» chiude la fortunata trilogia formata da «Non ci resta che il crimine» (2019), dove i protagonisti incontravano la Banda della Magliana, e «Ritorno al crimine» (2021), dove si scontravano con i «Gomorristi». Qui, si trovano faccia a faccia con la grande storia. Dice Massimiliano Bruno: «Volevo fare un film comico che parlasse di un periodo importante per il nostro Paese. Una commedia sui grandi valori, com'è nella tradizione del cinema italiano, e con protagonisti cialtroni e vigliacchetti alla Sordi che, al momento buono, sanno tirare fuori un coraggio eroico». E se Morelli, il prof iracondo e pignolo, confessa la soddisfazione di aver potuto dare «due ceffoni ai nazisti, una cosa davvero catartica», nei panni di Adele, pronta a tutto pur di salvare la figlia Monica dalle grinfie delle SS, Carolina Crescentini affronta il tipo di personaggio che sente più affine, quello di una donna tosta e intraprendente. «Vero, mi piacciono le persone che non hanno paura o non la danno a vedere. Amo il fil rouge della fragilità nascosta.

Anch'io sono forte, anche se ogni tanto mi rifugio sotto il letto».

Che cosa la colpisce di Adele?
«La sua forza, il senso pratico. Ha una figlia e deve proteggerla, costi quel che costi. Ed è leale con quegli sconosciuti che le piombano in casa, capisce subito che si tratta di tre cialtroni, ma li accoglie per riconoscenza, pensando all'aiuto che possono aver dato a suo marito disperso sul fronte russo».

Come sceglie i personaggi?
«Ogni ruolo deve insegnarmi qualcosa, deve pormi delle domande. Mi piace studiare i particolari, adoro spiare le persone e immaginarmi uno scenario possibile. E poi mi metto sui libri e studio. Preparare una parte è sempre un'occasione di arricchimento. Per il personaggio della direttrice del carcere della serie Mare fuori, per esempio, ho studiato la storia dei penitenziari minorili».

Per «C'era una volta il crimine» sarà tornata sui libri di storia.
«Certo, ma il mio obiettivo non erano i grandi protagonisti della seconda guerra mondiale, mi interessava approfondire il comportamento della gente comune, le vere vittime di ogni conflitto».

Si è data dei modelli?
«Ho pensato a Tina Modotti, la grande fotografa che ci ha lasciato un archivio meraviglioso, infatti la mia Adele ha sempre con sé la macchina fotografica e scatta al Duce rinchiuso a Campo Imperatore delle foto imbarazzanti. Ho pensato alle partigiane e anche alla mia nonna materna, che era forte e dignitosa. E ai miei genitori, che sono nati in quel periodo e ai racconti di cose atroci come il rastrellamento del Ghetto di Roma».

In questi giorni la guerra è ritornata tristemente di attualità.
«Per questo parlarne diventa ancora più importante, perché riflettere su un momento drammatico della nostra storia ci fa capire quanto è importante la libertà e quanto è necessario ricordare il passato per fare in modo che quell'orrore non si ripeta. Non possiamo permetterci di essere indifferenti».
Se potesse viaggiare nel tempo, come nel film, dove vorrebbe andare?
«In California negli anni Settanta del secolo scorso, per divertirmi ai festival della musica e respirare quell'aria di totale libertà. Poi vorrei scoprire l'infanzia dei miei genitori, mi piacerebbe vedere com'era mia madre da bambina».
 

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