Massimo Ghini è Ennio Doris: «Era come Mattei, uomini del costruire»

Il fondatore di Banca Mediolanum nel film «C’è anche domani»

Massimo Ghini nel film su Doris
Massimo Ghini nel film su Doris
di Titta Fiore
Martedì 9 Aprile 2024, 07:00 - Ultimo agg. 10 Aprile, 07:36
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Alla nutrita galleria di personaggi tra storia e cronaca che costellano la sua carriera Massimo Ghini aggiunge ora quello di Ennio Doris, il fondatore di Mediolanum che voleva rivoluzionare il concetto di banca «costruendola intorno alla persona». Il film «C’è anche domani», ispirato a un’autobiografia edita da Sperling & Kupfer e diretto da Giacomo Campiotti, racconta tre fasi cruciali della vita del «banchiere gentile»: l’infanzia nella campagna veneta, all’ombra di un padre che gli insegna il valore delle cose e il rispetto delle persone; la giovinezza e l’incontro con la moglie Lina, l’amore della vita; il 2008, quando dopo il crollo della Lehman Brothers Doris decide, in accordo con il socio Berlusconi, di rimborsare con 120 milioni prelevati dai suoi conti privati undicimila clienti che avevano investito in quei titoli. Prodotto da Movie Magic International e da Medusa, «C’è anche domani» arriverà in sala con un’uscita evento dal 15 al 17 aprile, prima di debuttare in autunno su Canale 5. Nel film, Doris bambino è Antonio Nicolai, mentre da ragazzo lo interpreta Daniel Santantonio. Lucrezia Lante della Rovere è Lina e Alessandro Bertolucci è Silvio Berlusconi. Dice Ghini: «Il tema di fondo di questa storia è la sorpresa». 

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In che senso? 
«Pensare che un uomo tiri fuori tanti soldi di tasca propria per salvare undicimila famiglie ha dello straordinario, eppure è tutto vero.

Io stesso non sapevo nulla di Ennio Doris prima di leggere il libro e credo che molti italiani avranno modo di scoprirlo proprio grazie al film».

Quali aspetti della sua personalità la colpiscono? 
«Doris veniva da una famiglia contadina, era un “self made man” con forti radici nel cattolicesimo sociale e non ha mai dimenticato le sue origini. Il sabato prendeva l’elicottero e andava a Tombolo per giocare a carte con gli amici d’infanzia. Era attentissimo al cliente e ha trasmesso questa idea di responsabilità ai figli Massimo e Sara. Per certi versi mi fa pensare a Enrico Mattei, che diceva di non voler essere ricco in un paese di poveri. Erano due uomini che costruivano e hanno messo il loro talento al servizio di una comunità».

Si è confrontato con la famiglia Doris? 
«Fin dall’inizio sono stati molto disponibili, ma anche riservati, mi hanno dato una grossa mano con discrezione. Naturalmente ho cercato di interpretare i sentimenti del personaggio, non di imitarlo, e loro vedendo il film si sono emozionati. Lina mi ha detto: “Hai quell’energia che era molto di Ennio”, mi è sembrato un bel complimento».

Lei ha interpretato molti biopic, perché l’appassionano i ruoli ispirati alla realtà? 
«Forse perché mi piace trasformarmi con il trucco, adoro l’idea di calarmi nei panni altrui, sarà la mia parte teatrale che viene fuori. Ad ogni modo, credo di battere Favino per numero di personaggi biografici. Ho cominciato con Amendola nel film di Lizzani ”L’isola”, poi Meucci, Mattei, due volte Galeazzo Ciano, Guido Rossa, Papa Giovanni... Mi diverte l’idea di non essere subito riconoscibile».

Su Raiuno l’abbiamo appena vista fare un cattivissimo agente cinematografico nella serie «Gloria!» con Sabrina Ferilli. 
«Noi due siamo stati fortunati e non abbiamo fatto tanta gavetta, ma abbiamo raccontato un ambiente che conosciamo, e questo ha funzionato. La serie ha aperto delle porte e il finale sospeso solletica la curiosità degli spettatori. Una seconda stagione? Non so, se ne sta parlando».

In effetti ha debuttato nel «Re Lear» di Strehler entrando in teatro della porta principale... 
«Poi ho recitato nell’”Otello” con Gassman e nella “Maria Stuarda” di Zeffirelli, lo spettacolo che mi ha lanciato. Da allora non mi sono mai fermato, tra cinema e televisione saranno 110 titoli, e ora 130 repliche di “Quasi amici“, tutte sold out. Ho avuto e ho tante soddisfazioni, ho fatto tante battaglie e qualche volta l’ho anche pagata. Premi, per esempio, ne ho vinti pochi e mi dispiaceva, perché mi sembrava di non essere considerato per quello che facevo».

E ora? 
«Non ci faccio più caso. E sto preparando uno spettacolo speciale, vorrei raccontare gli anni che abbiamo vissuto attraverso le cose che mi sono successe e gli incontri pazzeschi che ho fatto. Per esempio, quando andai a Positano da Zeffirelli per il provino di ”Maria Stuarda” e Gregory Peck venne ad aprirmi la porta di Villa Tre Ville: in salotto c’erano Nureyev, le gemelle Kessler, il maestro Kleiber e Renato Rascel. Una roba da infarto. Ma con Zeffirelli era così: da casa sua passavano tutti, da Bernstein a Michael Jackson. Ho ricordi bellissimi e voglio portarli in scena in un “Uanmensciò”, scritto proprio così, come si legge».

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