Favino: «Faccio il papà. Felice di alzarmi la mattina per portare a scuola le mie bambine Greta e Lea»

L’attore si racconta. Nei panni di un poliziotto in fuga, incanta il Festival di Berlino con “L’ultima notte di Amore” di Andrea Di Stefano. «Racconto il dramma di un uomo qualunque»

Favino: «Faccio il papà. Felice di alzarmi la mattina per portare a scuola le mie bambine Greta e Lea»
di Gloria Satta
Sabato 25 Febbraio 2023, 07:50 - Ultimo agg. 08:00
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Favino sbirro in fuga ferito e armato, in conflitto con la propria onestà, conquista il Festival di Berlino. Nel film di Andrea Di Stefano L'ultima notte di Amore, un thriller ambientato a Milano (sarà in sala il 9 marzo), l'attore romano, 53, stupisce nei panni di un personaggio diverso da tutti i suoi precedenti: Franco Amore, un poliziotto legatissimo al dovere che proprio la sera prima di andare in pensione, mentre la moglie Linda Caridi gli organizza una festa a sorpresa, per arrotondare il magro stipendio accetta di fare da scorta a dei mafiosi cinesi con il collega e amico Francesco Di Leva.

Ma le cose, in un crescendo di azione, non andranno come previsto: sparatoria sulla tangenziale, sangue, inseguimenti, pericoli. Spettacolare e incalzante, girato soprattutto di notte, il film resuscita il noir, un genere poco frequentato dal cinema italiano.

Favino a Berlino con un noir: oggi l'onesto è scambiato per fesso


Distintivo dell'Ucraina sulla giacca, aria ultra-distesa («ho concluso le riprese de Il comandante e mi prendo un periodo di risposo»), Pierfrancesco Favino, Picchio per gli intimi, racconta la sua esperienza.

Dopo aver letto in pubblico un comunicato di Unita, l'associazione dei lavoratori dello spettacolo che denuncia il mancato rinnovo del contratto collettivo nazionale.


Chi è il suo Franco Amore?
«Un uomo come tanti, tutt'altro che un supereroe. È uno di quei poliziotti che possiamo incontrare quando andiamo a rinnovare il passaporto. Non è aggressivo né esaltato e per tutta la vita si è dimostrato ligio alle regole, al punto di essere considerato dagli altri un fessacchiotto».


E allora perché finisce a fare la "security" dei malavitosi?
«Accetta il doppio lavoro perché con il suo stipendio non arriva a fine mese. Questo non vuol dire che tutti i poliziotti o i carabinieri siano collusi con i criminali, per carità. Il film racconta una storia di fantasia. Ho interpretato diversi personaggi famosi o eroici in cui è difficile identificarsi. Vorrei che questa volta qualcuno nel pubblico potesse ritrovarsi in Franco Amore».


Ha qualcosa in comune con lei?
«Come me è legato alla famiglia, questo sì. E ha un'immagine di sé stesso che deve fare i conti con lo sguardo degli altri. Anche un attore si trova sempre in condizione di essere giudicato. Ma io non mi lamento».


Qual è stata la parte più difficile del film?
«L'ultima notte di Amore è girato quasi tutto in una sola ambientazione, la tangenziale di Milano. Sul set non è stato facile mantenere la lucidità, cioè non anticipare dei momenti della vicenda... più alta è l'ambizione, maggiori sono le difficoltà. Ma sono felice di aver girato un film ambizioso anche dal punto di vista produttivo, i soldi investiti si vedono tutti sullo schermo».

 


Cosa cerca a questo punto della sua carriera?
«Le storie capaci di appassionarmi e coinvolgermi, come questa. Evito di ripetere quello che ho già fatto, voglio essere sorpreso. E cerco sempre di mettermi nei panni del pubblico: così come piace a me vedere qualcosa di diverso e insolito, desidero offrire questa possibilità anche agli spettatori. Di Stefano la pensa allo stesso modo».


Come sta, secondo lei, il cinema italiano?
«Temo che abbia perso il rispetto di sé stesso. Mentre negli altri Paesi il cinema locale viene protetto, da noi questo non sempre avviene. Si permette ad attori americani di interpretare personaggi italiani come Enzo Ferrari o i Gucci... nessuno protesta, non ci sono paletti. Il cinema francese si è guadagnato il rispetto difendendo la propria identità. Noi non dobbiamo farci mettere i piedi in testa, sennò diventeremo una piccola colonia».


È una battaglia politica?
«Piuttosto una battaglia industriale. Quando esportiamo nel mondo le nostre storie, come il mio film recente Nostalgia, incassano benissimo».


Perché ha letto il comunicato sindacale?
«Per fare da megafono ai lavoratori che non sono famosi».


Che progetti ha?
«Continuare a riposarmi. Anna (Ferzetti, la sua compagna, ndr) è in tournée teatrale con Perfetti sconosciuti e io faccio il papà. Felice di alzarmi la mattina per portare a scuola le nostre bambine Greta e Lea».
 

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