Mameli, il film del casertano Antonucci: «Un patriota incompreso»

Mameli, il film del casertano Antonucci: «Un patriota incompreso»
di Alessandra Farro
Giovedì 11 Agosto 2022, 08:02
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Goffredo Mameli è morto a soli 21 anni, nel 1849, battendosi per l'unità di Italia. Angelo Antonucci, casertano classe 1970, racconta questa e molte altre storie sull'autore dell'inno nazionale in «Goffredo e l'Italia chiamò». Prodotto da Elite Group International e Futuro Productions il film racconta la vita di Mameli dai suoi primi anni e sarà nelle sale dalla prossima primavera.

«Nessuno conosce davvero la sua storia, ma oltre a essere l'autore di Il canto d'Italia, come davvero si chiama il nostro inno, Mameli è stato un patriota che ha dato la vita per la nostra libertà», spiega il regista. «Ho dovuto fare molte ricerche prima di poter cominciare le riprese tra Genova e Roma, da poco ultimate. Ho stanato libri rari e biografie sul suo conto dimenticati da tempo».
Mameli (interpretato dal ventiduenne Emanuele Mancone) era primo di sei fratelli, con cui non condivideva né ideali né passioni, il rapporto con il padre Giorgio (Vincent Riotta) non era migliore: militare della marina del regno di Sardegna era in contrasto con le idee liberali del figlio, mentre la madre, Adelaide, (Maria Grazia Cucinotta) era un'aristocratica genovese, che, fiera del passato repubblicano della sua città, non nascondeva la sua ostilità per il regime monarchico ed era in relazione con molti esponenti dell'opposizione ligure, tra cui l'amico e coetaneo Giuseppe Mazzini.

Nonostante l'affinità politica con la madre, ragione principale di dissensi nel matrimonio dei suoi genitori, l'unica persona a cui il giovane poeta confidava pensieri e segreti era la nonna (Stefania Sandrelli), a cui parlava anche dei suoi amori.

Mameli, oltre che militante, era un dongiovanni, i suoi scritti affrontano due temi costanti: la politica e l'amore. Circondato da amanti, l'unica che gli è rimasta vicino anche in punto di morte è stata una aristocratica maritata con cui intratteneva una relazione clandestina.

I versi - spesso poco apprezzati per fattura, oltre che perché grondanti di retorica - di «Fratelli d'Italia», com'è noto l'inno dall'incipit, li scrisse due anni prima di morire, messi in musica (e anche su quella le critiche sono state e rimangono tante), poi, da Michele Novaro (nel film interpretato da Francesco Baccini). Poi, su invito di Giuseppe Mazzini, scrisse anche «L'inno militare», musicato da Giuseppe Verdi.

«Mameli fu uno degli organizzatori della spedizione in aiuto a Nino Bixio, arruolando trecento volontari, durante le Cinque giornate di Milano e, in virtù di questa impresa, fu arruolato nell'esercito di Giuseppe Garibaldi con il grado di capitano», continua Antonucci. Nel 1849 difese la Repubblica romana e fu colpito alla gamba da un fucile francese. Neanche l'amputazione dell'arto lo salvò: l'infezione era troppo estesa e Mameli morì a Roma, dopo un mese di agonia sul letto d'ospedale.

«Ha cercato di diffondere le sue idee liberali fino alla fine, da direttore de Il Diario del Popolo», conclude il regista. «Non era ben voluto dai suoi coetanei, troppo diverso ed immerso nella battaglia politica per prestare attenzione a ciò che lo circondava. Non è stato capito e, spesso, è rimasto isolato. Ma a suo modo ha contribuito alla nascita della Repubblica italiana».

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