Jennifer Lopez e Ben Affleck sul red carpet, a Venezia c'è profumo di Hollywood

Jennifer Lopez e Ben Affleck sul red carpet, a Venezia c'è profumo di Hollywood
di Titta Fiore
Sabato 11 Settembre 2021, 09:09
5 Minuti di Lettura

Ben e JLo cuore a cuore sul tappeto rosso, e al Lido torna il profumo di Hollywood come ai bei tempi di Brad e Angelina. Ben Affleck e Jennifer Lopez, che si sono amati, odiati, lasciati e ora, dopo vent'anni e due famiglie scoppiate alle spalle, sono tornati insieme e sanno come far sognare la gente con la favola dell'amore eterno (finché dura) nella città più romantica del mondo. What else?

In vena di grandi ritorni, lui a Venezia ha ritrovato anche il sodalizio con Matt Damon: giovanissimi, talentuosi e affascinanti, vinsero insieme l'Oscar per la sceneggiatura di «Will Hunting - Genio ribelle», ora portano alla Mostra fuori concorso il kolossal in costume «The Last Duel», che hanno scritto, interpretato e coprodotto con la regia del veterano Ridley Scott. Ispirato al libro del 2004 di Eric Jager, il film (in sala con Disney dal 14 ottobre) è un dramma storico ambientato durante la guerra dei Cent'anni, ma i temi che tocca, come lo strapotere degli uomini, la fragilità della giustizia e il coraggio delle donne che non vogliono sottomettersi alla violenza, sono attualissimi. Su una base di dati reali, «The Last Duel» romanza ipotesi a lungo dibattute sull'ultimo duello autorizzato nella Francia del quattordicesimo secolo tra sir Jean de Carrouges (Matt Damon) e lo scudiero Jacques Le Gris (Adam Driver), due amici diventati acerrimi rivali da quando la moglie di Jean, Marguerite (Jodie Comer), accusò l'altro uomo di avere abusato di lei. «Sapevamo che era una storia potente, ma volevamo raccontarla in un modo che la rendesse davvero interessante» spiega Damon, «e così abbiamo avuto l'idea di affrontarla dal punto di vista dei tre protagonisti».

In un procedimento narrativo alla «Rashomon», la macchina da presa del regista indaga la verità di ciascun personaggio in altrettanti capitoli. Anziché tacere, la donna si assume il rischio di denunciare la violenza subita, legando il proprio destino all'esito del duello all'ultimo sangue tra i due uomini. Nella storia, Affleck veste i panni del potente cugino del re, Pierre. «Sono certo che la storia susciterà molta empatia nel pubblico» dice l'attore: «Per tanti aspetti si tratta di un film femminista, sono orgoglioso di aver fatto parte del progetto. A quei tempi la donna era considerata proprietà degli uomini, passava dalle mani del padre a quelle del marito e le violenze erano frquenti, anche tra i nobili, ma bisognava tacere per non rischiare la vita. Riproporre questa vicenda com'è accaduta, perché è tutto documentato, ci fa capire come la violenza e il pregiudizio siano duri a morire».

Da «Will Hunting» a oggi, com'è cambiato il metodo di lavoro di Ben e Matt? «Negli anni Ottanta eravamo due ragazzi che avevano letto tanto e buttato giù migliaia di pagine, ma non eravamo in grado di strutturare una sceneggiatura. Molti di quegli scritti sono rimasti nel cassetto». Tutto il copione, nella parte di Marguerite, è stato impostato da Nicole Holofcener «da un punto di vista femminista, ma senza forzature, sembrerebbe che questa esperienza sia figlia del MeToo, ma il bello è che è tutto vero». Al lavoro su «The House of Gucci», con Lady Gaga e Adam Driver, Ridley Scott ama cambiare spesso genere: «Mi piacerebbe affrontare il western e il musical, ma raccontare la storia è la mia passione e il Medioevo il mio periodo preferito. Non a caso vivo in una casa del 1360 nel Surrey da più di trent'anni e mi ci trovo molto bene».

Di grande interesse l'ultimo film del concorso, «Un autre monde» di Stephan Brizé con Vincent Lindon protagonista, come sempre bravissimo. Nella sua ideale trilogia sul lavoro, questa volta l'attore francese affronta la crisi economica dalla parte di un manager costretto a licenziare i suoi operai per far crescere in borsa i profitti della multinazionale da cui dipende. «Oggi il problema è sistemico, non riguarda più la lotta di classe come la intendevamo nel Novecento» attacca il regista, che ha già raccontato un disoccupato in «La legge del mercato» e i rovelli di un sindacalista in «In guerra». Nei panni di un quotato Ceo di un'industria di elettrodomestici, Lindon deve fronteggiare le spietate richieste della casamadre, le questioni legate all'imminente divorzio e i problemi di un figlio difficile. «Date le premesse, non parlerei di una trilogia, ma di una vicenda del tutto diversa» spiega: «Non a caso per questo progetto sono tornato a lavorare con attori professionisti dopo cinque anni di cinema verità e nel copione, accanto al dramma sociale, spunta l'amore. Il mio personaggio, Philippe, è un uomo che lavora sodo, soffre, si pone delle domande e alla fine arriva a un punto di rottura, si accorge di essere sull'orlo di un precipizio e ha il coraggio di fermarsi».

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Alla vigilia dei premi che si assegnano stasera, nel rituale gioco dei pronostici l'Italia spera con Sorrentino, adorato anche dalla critica internazionale, e Martone, entrambi applauditissimi, incalzati da Schrader, Almodovar e Jane Campion (ma corre voce che il presidente Bong Joon-ho sia rimasto colpito anche dal «Buco» di Frammartino). Per la Coppa Volpi, con Servillo favorito con tre film in cartellone, si candida lo stesso Lindon, mentre tra le attrici il possibile duello è tra Penelope Cruz, due volte protagonista, e Anamaria Vartolomei di «L'événement» di Audrey Diwan sull'aborto. Intanto all'Excelsior, storica sede della Mostra, si è visto «Centoundici. Donne e uomini per un sogno grandioso», il cortometraggio di Luca Lucini ideato e presentato da Confindustria. Un racconto sul coraggio delle imprese di guardare avanti e sull'impresa di fare cinema al tempo della pandemia. Con il regista e gli attori Cristiana Capotondi, Alessio Boni e Giorgio Colangeli, anche il presidente di Confindustria Carlo Bonomi, il presidente della Biennale Cicutto e il sindaco di Venezia Brugnaro. 

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