Mostra del cinema di Venezia, Almodovar: «Il cinema è la cura, usciamo dalle case»

Mostra del cinema di Venezia, Almodovar: «Il cinema è la cura, usciamo dalle case»
di Titta Fiore
Venerdì 4 Settembre 2020, 09:42 - Ultimo agg. 12:08
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Venezia

Alla fine, anche Pedro Almodovar ha ceduto al fascino della «Voce umana». «Questo testo di Cocteau è una mia vecchia ossessione, tant'è che mi aveva già ispirato delle scene in Donne sull'orlo di una crisi di nervi e La legge del desiderio. L'idea di una donna che si dispera per la perdita di un amore, ed è pronta a tutto per riconquistare l'uomo che ama, mi ha sempre affascinato». Leone d'oro alla carriera l'anno scorso, il regista oggi porta al Lido un film sperimentale per molti aspetti, lungo solo trenta minuti e girato in inglese. Per l'ex re della movida madrilena una novità assoluta. Ma la presenza di Tilda Swinton, dice, ha giustificato ogni azzardo: «Tra noi è nata una grande complicità, è un'attrice fantastica e spero che lavoreremo ancora insieme».

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Si capisce che, per un maestro del melò del suo calibro, il testo originale, scritto da Cocteau nel 1930 e portato sullo schermo dalle più grandi attrici del Novecento dovesse essere riscritto, adeguato ai sentimenti e al modo di esprimerli di una donna di oggi. «Insomma, dovevo appropriarmi del testo, digerirlo in totale autonomia. Girare per la prima volta in inglese mi ha aiutato a sentirmi libero, ho trasformato lo strazio dell'abbandono in un duello». E così, alla memorabile Anna Magnani diretta da Rossellini in un episodio di «Amore» che mescolava con dolorosa intensità finzione e vita, e poi a Simone Signoret, Liv Ullman e, da ultima, Sophia Loren diretta da suo figlio Edoardo, Pedro ha affiancato una carismatica Tilda Swinton, fiammeggiante come gli abiti che indossa nella casa-set coloratissima, capace di umiliarsi davanti all'insensibile fuggitivo, ma anche di concepire pericolosi pensieri di vendetta: «Volevo correggere l'eccessiva remissività del personaggio originale, oggi sarebbe stata poco credibile». Non nega, il regista di «Dolor y Gloria», che nel film ci sia qualcosa di autobiografico: «Certo, anch'io ho vissuto momenti come quelli del film e ho atteso una telefonata con il cuore spezzato».
 


Poter girare «The Human Voice» subito dopo il lockdown è stata per Almodovar una liberazione: «La quarantena ci ha dimostrato l'importanza del cinema e della letteratura nelle nostre vite. La cultura è necessaria come l'aria che respiriamo. Allo stesso tempo, ho capito che la casa può trasformarsi in una prigione senza sbarre. Possiamo comprare, mangiare, vestirci, fare l'amore restando chiusi tra quattro mura e lo smartworking ha accentuato questa pericolosa sensazione. Non va bene. Bisogna uscire, vivere in mezzo alla gente, vestirsi e andare al cinema, condividere il tempo e le emozioni con gli altri. Il cinema può essere la cura, una grande catarsi per l'anima». Quanto a lui, si sente nel pieno di un nuovo ciclo professionale: «Continuerò sulla strada intrapresa con Julieta quattro anni fa e che mi ha portato alla sobrietà di Dolor y Gloria. Oggi mi sento più austero e, rispetto al passato, preferisco una narrazione più contenuta e profonda. Ho già pronti due nuovi progetti, un western di 45 minuti e un racconto sulle sale cinematografiche in un futuro distopico lungo un quarto d'ora. Mi sono appassionato al formato breve».

Tilda, che a ogni red carpet abbina una mascherina ad hoc in stile barocco-veneziano, si è raccontata in un'affollata masterclass, spiegando di non fare distinzioni tra carriera e vita («i registi con cui ho sempre lavorato sono i miei amici più cari, facciamo i film, cuciniamo e cresciamo insieme») e plaude, lei che è considerata un'icona dell'ambiguità, alla decisione del festival di Berlino di abolire il maschile-femminile nei premi e puntare a riconoscimenti gender-neutral: «Che sollievo, finalmente, la vita è troppo breve per dividerci in categorie, generi, classi sociali. Berlino ha fatto bene e spero che altri festival seguano il suo esempio». In «The Human Voice» interpreta una donna che si illude di poter riconquistare l'amore perduto. Almodovar, che nel film le ha dedicato un colpo di scena incandescente, confessa invece di non avere illusioni: «Voglio continuare a vivere».
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