Brad Pitt e Scarlett Johansson, trionfo al Lido di Venezia

Brad Pitt e Scarlett Johansson, trionfo al Lido di Venezia
di Titta Fiore
Venerdì 30 Agosto 2019, 08:00 - Ultimo agg. 13:13
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VENEZIA - Il divo più atteso e la diva più pagata di Hollywood (per il secondo anno è in cima alla speciale classifica di «Forbes» con 56 milioni di dollari) si prendono il Lido in un cortocircuito di glamour elettrizzante per i fan che li aspettano bivaccando per ore sotto il sole. Brad Pitt e Scarlett Johansson illuminano il concorso con due film che ritroveremo nella prossima stagione dei premi: lui è il protagonista assoluto, e produttore, del fantascientifico d'autore di James Gray «Ad Astra», lei condivide con Adam Driver le scene da un matrimonio alla deriva in «Marriage Story» di Noah Baumbach.
 
E se il primo film attinge a piene mani, per ammissione dello stesso regista, dalle suggestioni di classici della letteratura come «Moby Dick» di Melville e «Cuore di tenebra» di Conrad, per il secondo siamo dalle parti di «Kramer contro Kramer», ma senza la sottile crudeltà degli scontri di coppia, perché il dolore del divorzio a volte non cancella l'amore che c'è stato.

Nei panni di un astronauta spedito ai confini del sistema solare per cercare l'eroico papà, disperso in missione anni prima, e per sventare una catastrofe planetaria, Pitt dà il meglio di sé. È coraggioso, dolente, complicato, empatico. Dice: «L'idea era quella di raccontare una storia intima sullo sfondo più grande possibile, e mantenere il giusto equilibrio nella narrazione non è stato facile. Lavorare sulle emozioni è sempre una sfida, ci vuole delicatezza. Tutti ci portiamo dentro le ferite dell'infanzia e un attore deve avere la forza di affrontarle con sincerità. Solo così riuscirà ad essere credibile per lo spettatore». Il film tocca temi importanti: fino a dove possiamo spingerci, cosa ci aspetta oltre il confine del conosciuto, qual è il crinale tra scienza e conoscenza. Sono questi gli aspetti che lo hanno reso interessante agli occhi dell'attore: «Sono stato svezzato dai grandi film degli anni Settanta, dove prevalevano personaggi complessi, né buoni né cattivi, semplicemente umani. Mi attraggono queste storie perché mi piace la complessità. Nel mondo non tutto è bianco o nero, davanti a un copione penso sempre: se tocca il mio cuore, toccherà anche il cuore degli spettatori».

A 55 anni è bello e sexy come ai tempi di «Thelma & Louise», ma detesta le etichette e i luoghi comuni legati al suo ruolo e al concetto di mascolinità. «Fin da bambini impariamo a difenderci dal mondo e a creare intorno a noi delle barriere. Proviamo dolore e vergogna come capita a tutti, ma le neghiamo, perché dobbiamo comportarci da uomini. E così neghiamo le emozioni. Invece dovremmo chiederci soprattutto come migliorare i rapporti con le persone che amiamo». Chiuso per quasi tutto il film in anguste navicelle spaziali, confessa di sentirsi più a suo agio all'aria aperta, «immerso nella natura e possibilmente in compagnia degli amici». E se con «Ad Astra» arrivasse il sospirato Oscar per il miglior attore? «Per ora m'interessa che il film esca e venga visto dalla gente. Ci abbiamo lavorato tanto e ha molte cose da dire, sono curioso di vedere come sarà accolto. Quanto agli Oscar, vincere è divertente, certo. E quando vince qualcun altro, ed è un amico, è divertente lo stesso».

Selfie, foto, autografi concessi con generosità: il rep carpet di Brad e Scarlett è memorabile. E se il divo racconta di aver scoperto dentro di sé una fragilità così lontana dai modelli maschili che tante volte ha interpretato sullo schermo, Johansson - abito da sirena e un tralcio di rose tatuato sulla schiena - confessa di aver attinto al proprio vissuto per calarsi nel ruolo dell'attrice sull'orlo del divorzio recitato in «Marriage Story». «A volte un film è un segno del destino, quando Baumbach mi ha proposto la parte di Nicole non sapeva che mi stavo separando dal mio secondo marito. Per me è stato uno choc, ma anche una specie di terapia. Ho accettato mettendoci tutta me stessa. Senza rendere pubblico il mio privato, il personaggio che interpreto cerca semplicemente di essere riconosciuta come persona, non più definita dal matrimonio, ma come identità. Ama ancora il marito però non vuole sentirsi plasmata da lui. E trovo che sia molto bello e vero continuare a provare dei sentimenti verso una persona quando stai rompendo tutto: è la vita che va così».

Sul palco del Palazzo del cinema Pedro Almodovar si commuove ricevendo il Leone d'oro alla carriera dalle mani dell'amica Lucrecia Martel. «A Venezia ho avuto il mio battesimo internazionale, più di 30 anni fa presentai Il fascino indiscreto del peccato che piacque al presidente di giuria Sergio Leone ma fu giudicato osceno dal festival guidato da Gianluigi Rondi.

Mi piace pensare che il Leone alla carriera sia un risarcimento, un atto di giustizia poetica».

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