Don Pietro Savastano e la cattura di Di Lauro jr: «Questa non è fiction, qui c'è l'orgoglio di una città»

Don Pietro Savastano e la cattura di Di Lauro jr: «Questa non è fiction, qui c'è l'orgoglio di una città»
di Titta Fiore
Domenica 3 Marzo 2019, 11:00
3 Minuti di Lettura
Fortunato Cerlino, l'indimenticato don Pietro Savastano di «Gomorra», ha seguito in televisione e sul web le immagini dell'arresto di Marco Di Lauro: ha visto le auto sgommanti, la folla davanti alla Questura, gli applausi alle forze dell'ordine.
 

Come in un film?
«Sì, ma con forti elementi di realtà in più. In quei video c'è l'emozione di chi ha partecipato a un'operazione importante e il giusto orgoglio di una città che si libera di una maledizione. Da napoletano innamorato di Napoli sentire la voce rotta di agente che comunica: l'abbiamo preso... cento di noi..., vedere gli applausi della gente mi ha commosso».
 
Niente di simile è ancora accaduto in «Gomorra».
«Per la serie siamo stati attaccati, ma la decisione di mostrare solo il male è stata una scelta narrativa molto precisa. Volevamo comunicare il senso di un incubo senza via d'uscita. Ed è quello che abbiamo fatto. Rischiando, ma provocando anche una reazione positiva, un ritrovato sentimento di appartenenza. A volte addirittura eccessivo. Pensi che nella serie Romolo + July, che ho girato per la Fox, Giorgio Mastrota parlava male di Napoli... Ebbene, sono stato costretto a scendere in campo io per spiegare ai più arrabbiati che si trattava solo di un personaggio».

Questa volta, però, non siamo di fronte a una fiction, ma alla vita vera.
«Ed è inevitabile rivolgere un pensiero alle vittime di tanta violenza e alle loro famiglie che in questi momenti staranno festeggiando con amarezza. Dal loro dolore non si torna indietro. Tuttavia, mi auguro che anche un uomo responsabile di gravi colpe possa trovare gli strumenti, gli aiuti per entrare in contatto con il valore del recupero. Sarò ingenuo, ma mi piace pensare che, forse, è arrivata la liberazione anche per lui».

Nel libro «Se vuoi vivere felice» ha raccontato quanto può essere fragile il confine tra onestà e criminalità per chi nasce in quartieri difficili, in famiglie precarie.
«E sono andato a presentarlo nelle scuole dimenticate di periferia e nelle carceri, dove ho incontrato ragazzi che mi piangevano tra le braccia, disperati per le loro vite senza futuro».

Chi vedono in lei questi ragazzi, Cerlino o Savastano?
«Cerco sempre di essere me stesso, naturalmente. Un attore, un narratore. Racconto la storia di un bambino salvato dalla fantasia, di un uomo fortunato perché ha avuto alle spalle una famiglia capace di insegnargli il valore dell'onestà. Non tutti, purtroppo, hanno la stessa opportunità. Il crimine, però, non è un destino».

Davanti alle immagini dell'arresto di Di Lauro ha detto di essersi emozionato.
«Sì, sono stato orgoglioso della mia città e ho rivissuto il dolore delle vittime. Ma, nello stesso tempo, ho provato un sentimento di compassione per chi cade nella criminalità. Non voglio allinearmi a chi cavalca l'onda per seminare odio dall'odio. Vinceremo definitivamente sul male quando saranno eliminate le circostanze socio-economiche che portano certi personaggi a compiere azioni nefande. E, infine, voglio esprimere la mia stima ai tanti poliziotti e carabinieri che indossano la divisa perché ci credono e operano con passione. Diamo onore a chi lavora con onore».
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