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I Pinguini Tattici Nucleari ripartono da Fake news: «Facciamo del vero pop»

Nel tour doppio San Siro e doppio Olimpico ma nessuna tappa in Campania, almeno finora

I Pinguini Tattici Nucleari tornano con Fake news
I Pinguini Tattici Nucleari tornano con Fake news
di Federico Vacalebre
Articolo riservato agli abbonati
Giovedì 1 Dicembre 2022, 11:00
5 Minuti di Lettura

Sono nello stesso tempo la prima - per successo e fatturato - e l'ultima - nel senso che in giro non se ne vedono altre - popband in Italia. Nati una dozzina di anni fa nella bergamasca, da quando sono apparsi al Sanremo 2020 con «Ringo Starr» hanno bruciato le tappe passando da gruppo emergente a gruppo da stadio. I Pinguini Tattici Nucleari ripartono da «Fake news», album in uscita domani ed un tour nella prossima estate che ha già venduto oltre 300.000 biglietti sui 450.000 disponibili, con doppio San Siro (una data già sold out) e doppio Olimpico (una data già sold out), ma nessuna tappa in Campania, almeno finora.

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Tutto si tiene: suoni, versi ed il loro atteggiamento nel presentare alla stampa un disco così importante per la loro carriera: «Noi voci generazionali? Sì nel senso che siamo abbastanza vicini per età e frequentazioni esistenziali a chi ci ascolta. No, perché per dirsi voci generazionali devi essere i giro da un bel po' di anni», riflette Riccardo Zanotti, frontman e firma del collettivo. In ogni caso, assicura, «non ci nascondiamo. Questo è un lavoro pensato a lungo, sofferto in pandemia, secondo noi maturo. Anche se dopo la maturità si marcisce. Ma noi non siamo ancora marci, dai». 

Meno che trentenni, i sei Ptn guardano spesso indietro, ma per guardare avanti, assicurano. Potrebbero essere la versione aggiornata dei Nomadi, degli 883, dei Lùnapop, ma loro, peraltro «provinciali» e «normali» con orgoglio, vorrebbero vedere nell'elenco delle possibili referenze anche Pfm ed Elio e le Storie Tese: «Siamo mainstream quando non lo pratica più nessuno, visto che tutti fanno trap. Siamo pop, certo, ma anche rock, e anche questa è cosa desueta. E, in più, sperimentiamo cose per noi nuove, rubate alla musica che ci gira intorno. La drill, ad esempio, l'elettronica», rilanciano i due chitarristi Nicola Buttafuoco e Lorenzo Pasini.

Ma sono i testi, straripanti di giochi parole, a sorprendere, a tenere banco, a dettare la linea, spesso passando dal personale al collettivo, dal privato alle riflessioni sul mestiere del far musica: «Zen» cita Baudelaire e poi prova a prendere le distanze dal mondo in cui il sestetto sguazza: «Oggi non voglio classifiche, numeri, ticketing, royalties, brand/ mi vorrei illudere di essere lì a suonare solo per te»; «L'ultima volta» cita gli U2; «Stage diving» cita Yorgos Lanthimos e parafrasa Gabriele D'Annunzio («La riconosco, è la pioggia nel Pigneto»); «Hold on» cita Svevo; «Cena di classe» va a un appuntamento con gli ex compagni di scuola e fa scintille («Alex ha smesso con la poesia ed ha abbandonato la scapigliatura, e si è convinto che usando il Minoxidil potrà arginare la sua stempiatura»); «Non sono cool» cita i Prozac+ e polemizza con l'obbligo di hype sognando che «la trap evolva e diventi meno noiosa» («suono e non faccio la drama queen», poi, pensando agli amici Maneskin: «Non metto le stelle sopra le mie tette, dico si sente che non sei più rock, canto da cani e non sono un trend setter»; e, ancora: «Quando si dice paese reale si intende paese di sudditi e re, e avere culo vuol dire leccare il culo a chi sta più in alto di te». «Bar Fly» cita addirittura John Cage e aspira a un posto tra il Roxy Bar di Vasco e il Bar Mario di Liga; «Giovani wannabe» la conoscono già tutti (anche per quel «figli dei fiori del male»); «Hikikomori» cita i Pink Floyd e riflette su solitudini giovanili scelte e/o imposte dal Covid; «Dentista Croazia» cita i Rolling Stones e racconta la storia del primo pulmino da tour del complesso; «Melting pop» cita Mendelssohn e suggerisce una definizione quasi accettabile del sound dei Pinguini. 

Video

«Melting pop? Ma sì, di sicuro fondiamo, e confondiamo, tante cose, senza alzare steccati», dicono i chitarristi. E Zanotti: «Eravamo dei cazzari e ci ritroviamo a dover star attenti a quello che diciamo o facciamo. Ma abbiamo gli stessi jeans e maglioni di sempre, non abbiamo cambiato casa, ci salva l'etica lavorativa della nostra terra, probabilmente, dove nessuno si monta la testa per un po' di successo e ci si rimbocca le maniche. Il titolo entra in pieno nel dibattito dei giorni nostri, nell'era della disinformazione, casuale e voluta, epidemica e a pagamento». Insomma, i Pinguini fanno «vero pop contro le fake news». Il disco, intanto, ha quattro copertine con quattro diverse «fake story» pseudogiornalistiche. Manca quella dello scioglimento diffusasi l'estate scorsa, manca la reazione di quanti hanno deriso l'annuncio del loro primo show a San Siro bollandolo, appunto, come una «quasi fake news»: «Quando ci hanno dati per sciolti abbiamo ripreso una vecchia discussione accesasi tra di noi. In una band si dividono palchi, chilometri, alberghi, attese, chiacchiere. Quando una finta notizia ci ha colpito abbiamo capito ancor meglio quanto tutto questo sia pericoloso», ricordano Matteo Locati (batteria) e Simone Pagani.

Toni scanzonati e seri, quasi politici («i cervelli scappano in Alitalia, sì, ma le braccia in Ryanair»), tutto si tiene, il pop e la canzone d'autore. Sembrerebbe una finta notizia, ma nel mondo del pop italiano è una vera notiziona. Quasi uno scoop. 

© RIPRODUZIONE RISERVATA
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