Lazio, la guerra di Sarri al calendario strategia dubbia

Lazio, la guerra di Sarri al calendario strategia dubbia
di Alessandro Catapano
Lunedì 4 Ottobre 2021, 00:17
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Tanto tuonò che piovve. O cronaca di una sconfitta annunciata. Come preferite. In una o nell’altra versione, la sostanza non cambia. Non sorprende il ko della Lazio a Bologna, nemmeno per il modo in cui è maturato. E non basta chiamare in causa quel senso di appagamento che inebria e fiacca dopo le grandi imprese, quasi una tassa da pagare a queste latitudini. Abbiamo l’impressione che più che fare i conti con i postumi del derby e le fatiche di coppa, i giocatori della Lazio siano stati condizionati dalla polemica di Maurizio Sarri con la Lega, così martellante da essere diventata - inconsapevolmente, certo - un alibi. Intendiamoci, il tecnico toscano aveva il diritto di lamentarsi della collocazione oraria scelta dalla Lega per la trasferta di Bologna, alle 12.30 anziché alle 18 come per Roma (in casa con l’Empoli) e Napoli (a Firenze). Ma - a parte che ai giallorossi toccherà lo stesso il 4 e 7 novembre - insistere sul punto per tutte le 61 ore trascorse tra il fischio finale della sfida con la Lokomotiv e quello d’inizio dell’impegno con i rossoblù, si è rivelato un autogol, anche abbastanza clamoroso, perché ha insinuato nella testa dei giocatori l’idea che una sconfitta tutto sommato fosse accettabile, visto che di fatto non si è giocato ad armi pari.

Evocare nemici e complotti - degli arbitri, della Lega, del Sistema cambia poco - ha sempre una certa presa mediatica - Mourinho insegna -, ma il guaio è che incanta pure i giocatori. Ora, poi, sul punto: l’unica regola inviolabile prevede che una squadra impegnata nelle coppe rigiochi in campionato tre giorni dopo. Fatto salvo questo, tutto il resto è buon senso. Era meglio che la Lega mettesse Bologna-Lazio nello slot delle 18, o tutt’al più alle 15? Certamente. Ma questo è il calcio spezzatino consegnato alle tv. Con i pro (tanti soldi nelle casse delle società) e i contro (poca attenzione alla salute e alla sicurezza di chi scende in campo). Se ci si vuole ribellare, ok, ma poi si rivede tutto, a cominciare dagli stipendi di giocatori e allenatori.

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