Callejon torna a Napoli:
la partita del cuore di José

Callejon torna a Napoli: la partita del cuore di José
di Pino Taormina
Sabato 16 Gennaio 2021, 09:00 - Ultimo agg. 22:47
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Piangeva. Il Napoli vinceva ai calci di rigore e lui era inginocchiato, tra le lacrime, all'Olimpico. Forse è questa l'ultima immagine di José Callejon con la maglia del Napoli. L'emozione per aver chiuso la sua avventura in azzurro con la Coppa Italia. Ma altro avrebbe fatto per questa squadra, per questo club e per i suoi tifosi: perché ha anche giocato gratis, accettato di non prendere lo stipendio fino ad agosto, prima di lasciare la città dove è diventato per due volte papà e dove ha scoperto la gioia di essere un intoccabile. Nessuno, in sette anni di Napoli, è riuscito a fare a meno di lui. Nelle ultime due stagioni ha portato diverse volte la fascia da capitano. Il ciclo si è chiuso per volontà di tutti, senza attriti, senza che ci sia qualcuno che lo possa aver considerato un reietto. Peraltro, per i tifosi resta colui che voltò le spalle a Higuain, nella prima del Pipita da avversario con la Juventus.

Bisogna passare tra i suoi silenzi. E nel suo schema preferito: pause lunghe, bella faccia, da film western, un po' felino, un po' sornione. Sorriso disincantato. Autoironico. Uno che la fa corta, però la sa lunga. Uno che ha messo d'accordo tutti: da Pochettino a Mourinho, da Benitez a Sarri e poi Ancelotti e Gattuso. Persino adesso Cesare Prandelli, l'ex ct che sta provando a risollevare le sorti della Fiorentina, quasi si sbatte il petto dal dolore perché non riesce a trovare nel suo sistema di gioco lo spazio fisso per uno come José Callejon. Sembra che abbia sempre il muso, ma anche con quei silenzi era anche capace di guidare la squadra. Come la notte dell'ammutinamento dove fu uno dei più convinti che quella di non andare in ritiro era la cosa giusta. 113 partite consecutive con la maglia azzurra: con Benitez solo una gara di campionato saltata per squalifica e con Sarri la stessa cosa ma in tre stagioni.

Sognava lo scudetto, fu uno di quelli che spinse al famoso patto: «Restiamo tutti per vincere il campionato». Ma il campionato si fermò ai 91 punti. Una beffa. Come l'eliminazione in Champions, con 12 punti nella fase a gironi. O l'uscita in semifinale con il Dnipro, in Europa League. Ma anche tante gioie, dalla finale di Doha all'altra Coppa Italia vinta con Rafone. Mourinho al Real lo metteva in panchina per eccesso di campioni: «Anche se gioca solo dieci minuti sa rendere prezioso ogni istante in cui è in campo». A Napoli mai nessuno ha avuto questo coraggio: era un intoccabile. I suoi inchini dopo un gol restano un gesto scolpito nella memoria. Peccato che domani troverà uno stadio vuoto: sarebbe stato bello per lui poter sentire l'affetto del pubblico. Sarebbe stato bello anche questa estate, quando si sapeva che non sarebbe rimasto. Non è facile ricominciare in Italia, ma è stata una sua scelta quella di dire di sì alla Fiorentina. Ha avuto il Covid e un po' lo ha condizionato. Qualche volta è apparso come un pesce fuor d'acqua nel gioco dei viola, ma provate a trovar traccia di una lamentale, di un muso. Mai. Neppure con il Napoli. 349 partite e 82 inchini. Con Insigne e Higuain prima e con Insigne e Mertens dopo ha formato i tridenti più spettacolari dai tempi della Magica. Straordinaria quella scritta su un palazzo: «Innamoratevi di qualcuno che vi cerchi come Insigne cerca Callejon». Il taglio del numero sette resterà nella storia. Tutti sapevano che faceva quel movimento, ma non c'era un difensore che riusciva a fermarlo. Campione autentico, anche di umiltà. Cuore, qualità, gamba, determinazione. Insostituibile. Instancabile. Ci rimase male quando lesse che aveva raggiunto già un accordo con un club cinese per andare via. Non ne aveva alcuna intenzione. È sempre stato il pupillo di tutti. Ala destra, ma anche punta centrale. Sarri diceva di lui: «Lo metto in campo e so di aver un difensore e un centrocampista in più anche se gioca in attacco». Vero, non si fermava mai. Nessun rimpianto, né per lui né per il club. I cicli si aprono e si chiudono. Lui non sarà mai un reietto o un traditore e lo avrebbe capito domani, quando scendere in campo con la Fiorentina. Avrebbe ricevuto solo un'ovazione. 

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