CambiaNapoli show: con Ancelotti
più moduli e più soluzioni

CambiaNapoli show: con Ancelotti più moduli e più soluzioni
di Pino Taormina
Martedì 25 Settembre 2018, 09:18
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La svolta, dopo l’ortodossia del sarrismo. Potrebbe tranquillamente essere nominato come ambasciatore delle cose semplici, Carlo Ancelotti. Anche se la semplicità è solo per modo di dire. La svolta dal 4-3-3 al 4-4-2 (che è fratello quasi gemello del 4-2-4) sta prendendo campo. Da uno show alle prove generali per un altro show. Diverso. Ma sempre divertente. È evidente che il vero modulo a cui Carletto è affezionato è il buon senso. Il tecnico ha l’autorevolezza figlia dei titoli conquistati e lo sguardo bonario del migliore amico. Ha la saggezza che deriva dall’esperienza e tutto questo lo sta aiutando a passare dalle certezze tattiche di Sarri al suo modo di vedere il calcio. A Torino, ma già a Belgrado e perché no, anche nel finale della partita con la Fiorentina, il travaso tra i due Napoli inizia visibilmente a prendere corpo. E sostanza. 
IL CORAGGIO
Non aspetta neppure lui le mosse dell’avversario, ma ha tolto quelle gabbie che costringevano i giocatori a recitare ruoli precisi. Quattro difensori e due centrali di centrocampo, poi gli altri quattro fanno quello che gli pare. Insigne, Verdi, Mertens e Callejon non hanno dato punti di riferimento al Toro e si fa fatica a dire se a un certo punto il Napoli ha il tridente o la coppia di attaccanti. Questo vuole Ancelotti. Anche i terzini: non devono necessariamente prendere parte alla costruzione della manovra. Motivo per cui un centrale come Luperto ha potuto giocare terzino e motivo per cui anche Maksimovic lo ha fatto. Il difensore, con Ancelotti, fa il difensore.
TUTTI IMPORTANTI
Prima c’era una squadra di 14-15 giocatori e altri 7-8 spettatori. Per Ancelotti tutti sono importanti, nessuno indispensabile. Lo aveva detto Carletto ed è stato di parola. Magari nel breve termine ci sarà qualche altra frenata nel nome del turnover a ogni costo, ma da un certo momento in poi i risultati arriveranno con maggiore continuità. Ancelotti ha portato la sua allegria, fa cantare i giocatori nello spogliatoio e, quando ci sarà bisogno di saltare un allenamento perché i ragazzi sono un po’ stanchi, ha già detto che sarà lui a dirlo. Gli piace stare assieme alla squadra: al termine dell’allenamento del mattino, fa gruppo al ristorante. E non si parla di calcio. Magari di cavalli. 
VERTICALIZZAZIONI
Tutti a chiedersi: ma Jorginho in questo Napoli cosa farebbe? In un modo per dire che non tutto passa per lo stesso faro. Al contrario dei tre anni di Sarri dove dai piedi dell’italo-brasiliano partiva tutto lo splendido gioco del Napoli che ha incantato l’Europa. Carletto vuole che il pallone resti tra i piedi il giusto, nel senso che alla prima occasione va gettato in avanti. Il suo carattere, morbido e severo allo stesso tempo, gli consente di navigare, senza naufragare, in mari tempestosi. Ha convinto Insigne, per esempio, a giocare molto più vicino alla porta. «Così non deve più difendere», gli ha spiegato. Magari Lorenzo all’inizio si è stupito, ma non è semplice non fidarsi di uno come Carletto. Insigne lo ha fatto. E ora è il capocannoniere azzurro.
UN PASSO DOPO L’ALTRO
Ancelotti è affamato di novità, gli piace scoprire, conoscere, farsi spiegare. Per questo ha accettato la sfida del Napoli. Ha raccolto l’eredità di Pep Guardiola al Bayern Monaco, figurarsi se lo spaventa quella di Maurizio Sarri. A Carletto piace, soprattutto, ascoltare. E il suo calcio, semplice e pulito, è figlio dell’ascolto e del costante dialogo con giocatori e dirigenti. L’«ancelottismo» è semplicità, per l’appunto, ma anche normalità nei rapporti. In fondo anche la squadra deve avvertire in maniera positiva il clima sereno che esiste tra l’allenatore e il presidente. Per tre anni i rapporti tra De Laurentiis e il suo tecnico sono stati assai tempestosi. L’arrivo di Ancelotti ha disteso gli animi. Carletto ha sempre smussato i toni ogni volta che gli hanno parlato di sarrismo e di Maurizio Sarri. 
GLI OBIETTIVI AZIENDALI
Grande da giocatore, vincente da allenatore, empatico con giocatori e tifosi anche per i suoi modi schietti e la simpatica fama di gran mangiatore, non lo sentiremo mai polemizzare con De Laurentiis per quelli che sono gli obiettivi del Napoli. E lo lascia intendere da alcune frasi simbolo: «Il Napoli è di De Laurentiis». Dunque, non lo sentiremo mai lanciare frecciate al suo presidente. È un’altra aria che si respira, non c’è che dire. Quella del passato ha portato il Napoli a un passo dallo scudetto e al record dei punti; quella attuale si prepara alla consacrazione in Italia e in Europa. 
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