Insigne-Napoli, dieci anni insieme:
una vita dal tiraggiro ai mugugni

Insigne-Napoli, dieci anni insieme: una vita dal tiraggiro ai mugugni
di Bruno Majorano
Sabato 8 Gennaio 2022, 06:58 - Ultimo agg. 9 Gennaio, 09:08
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Il destino alle volte ci si mette d’impegno. Il predestinato alla numero 10, che non ha mai vestito la maglia numero 10, lascia Napoli dopo la sua stagione numero 10. Sembra uno scherzo, ma è solo la storia di Lorenzo Insigne, del suo passato, del suo presente e del suo futuro. 

La storia d’amore è iniziata nel 2004, quando Lorenzo è entrato per la prima volta nel settore giovanile del Napoli, la squadra della sua città, la squadra per la quale ha sempre fatto il tifo. A dividere la sua Frattamaggiore dallo stadio Maradona di Fuorigrotta ci sono poco più ci 25 chilometri: praticamente un attimo. E fin da quando Lorenzo incantava nei vicoli sotto casa, nei tornei di quartiere e nelle partitelle tra amici, il sogno è sempre stato quello di arrivare un giorno al San Paolo (lo stadio che all’epoca si chiamava così).

Come nelle migliori favole, allora, il sogno è diventato realtà, anche se la prima volta di Lorenzo Insigne con la maglia azzurra è stata lontano da Napoli, lontano dallo stadio di Fuorigrotta: 24 gennaio 2010, Livorno-Napoli. In panchina c’è Walter Mazzarri, e quando l’allenatore si rivolte al giovanissimo Lorenzo per fargli segno di entrare in campo, le gambe tremano solo per qualche instante. Insigne prende il posto di Denis, appena pochi minuti prima del fischio finale, ma tanto basta. Sì perché prima di rivederlo in azzurro bisognerà aspettare due anni da quel giorno. In mezzo le esperienze formative con Cavese, Foggia e Pescara, quella gavetta utilissima per farsi trovare pronto al momento del grande salto. I traguardi, da quel momento, arrivano uno dopo l’altro: il primo gol (il 16 settembre 2012 contro il Parma), il primo centro in Champions League (il 18 settembre 2013 contro il Borussia Dortmud), il primo trofeo (la Coppa Italia del 3 maggio 2014 contro la Fiorentina) condito anche da una doppietta all’Olimpico. Insomma, una scoperta dopo l’altra; una gioia dopo l’altra. Come quella di diventare ufficialmente il capitano del Napoli, del suo Napoli.

Per quel giorno dovrà aspettare il febbraio 2019, ovvero la prima gara dopo il trasferimento di Marek Hamsik in Cina, anche se già nel 2013 aveva avuto l’onore di giocare con la fascia al braccio per l’assenza dello slovacco. Ma d’altra parte quello era il suo destino: già scritto.

 

Lui, napoletano e tifoso del Napoli, cresciuto con il mito di Diego Armando Maradona, avrebbe sognato di indossare la sua numero 10, ma in questi 10 anni non ha mai sognato nemmeno di chiederla. Indossa la 24, in onore del giorno di nascita di sua moglie Jenny, e la 10 la usa solo in Nazionale, dove pure qualche soddisfazione se l’è tolta. Dall’amarezza per il mondiale sfumato (e guardato dalla panchina) contro la Svezia, all’Europeo vinto da protagonista a luglio scorso, anche grazie al «tiraggiro» diventato anche un termine inserito nel vocabolario Treccani. Ma l’Europa gli ha sempre portato fortuna, oltre che regalargli indimenticabili soddisfazioni. Come il gol al Bernabeu contro il Real Madrid (seguito dall’ovazione di tutto lo stadio), quello a Napoli contro il Liverpool o i due contro il Psg, nobilissime del calcio d’Europa che chissà, forse avrebbero anche potuto portarlo via dalla sua città. Ma non è stato così. La storia d’amore tra Insigne e il Napoli finirà al termine di questa stagione, destinazione Canada, precisamente Toronto. Lì dove ad aspettarlo, oltre al contratto faraonico, lo aspetta una maglia rossa numero 10 (adesso sì) e una vita tutta nuova, per sé e per la famiglia che lo seguirà in questa nuova avventura. Da Frattamaggiore al San Paolo, da Fuorigrotta a via Petrarca, ma ora è tempo di preparare la valigia. Insieme a una foto del Vesuvio e una maglia azzurra, metterà certamente il rapporto non sempre facile con il popolo napoletano, che lo ha fischiato ed applaudito ciclicamente, gli allenatori (Mazzarri, Benitez, Sarri, Ancelotti, Gattuso e Spalletti) con i quali ha avuto feeling intermittenti e il grande sogno Scudetto del 2018: forse l’unico grande rimpianto della sua carriera napoletana. Che diversamente sarebbe stata da 10, anche senza quel numero dietro le spalle.

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