Napoli, la calma di Llorente:
il bomber che esce dalle nebbie

Napoli, la calma di Llorente: il bomber che esce dalle nebbie
di Marco Ciriello
Lunedì 23 Settembre 2019, 07:00
4 Minuti di Lettura
Il progresso avviene sui confini, ed è lì che gioca Fernando Llorente: nei pressi del gol. Per questo nelle ultime tre partite è stato pesante. Il suo calcio, come ripete da anni, è «Sacrificio, pasión y mucho amor», un terreno comune che non ha bisogno di essere tradotto. A vederlo nelle ultime tre partite: Sampdoria, Liverpool e Lecce, entrare e condizionare il risultato sembra il fortunato biglietto di una riffa, in realtà è solo la «normalità».
 
Llorente gioca con la tranquillità della strada, come da ragazzino, gli anni all'Athletic Bilbao, poi, gli hanno regalato il nirvana pallonaro: sorride e conquista palloni, sorride e spizza cross, sorride e appoggia per far segnare, sorride e segna, sapendo che le partite sono passeggere e altrove, fuori dal campo, c'è la vera vita. Gioca come i rivoluzionari: senza un domani, e in questo appare libero, disimpegnato dal presente.

È già molto «ancelottiano», per il suo atteggiamento che parte dalla calma e torna alla calma, ed ha al centro la presa di coscienza delle proprie capacità, per questo le sue prestazioni prescindono dal tempo: non ha bisogno di entrare in partita, perché ha già la partita, non ha bisogno di spingere per avere il pallone, perché sarà sempre nei pressi del fiume d'area dove passerà il «suo» pallone, e la prova sono i due gol segnati al Lecce, o prima quello al Liverpool, o la gestione del pallone per Dries Mertens nella partita con la Sampdoria, tutti quei gesti sono uniti da un unico mood: la piena coscienza di sé.

Guardate come appoggia i palloni in porta, alle spalle dei portieri ultimo Gabriel non c'è rabbia, non ci sono rivendicazioni, ma una dolcezza bambina, che diventa eleganza, e poi segue sorriso: ai compagni, allo stadio, alla vita. Arrivato come un surplus, un gadget in aggiunta, preso allo scadere dopo il cambio di destinazione di Mauro Icardi, quasi un uomo di più, che in tre partite è diventato l'uomo in più, come diceva Antonio Tabucchi a volte nel salto di una sillaba c'è un mondo, in questo caso un giocatore, che può pensare di arrivare a segnare anche venti gol a stagione, se continua così.

Llorente non gioca a vanvera, no, tocca il giusto numero di palloni dando loro il peso che meritavano, è un costruttore di destini per palle vaganti in area, li sottrae allo smarrimento sia questo aereo o terreno reindirizzandoli verso la porta, o facendolo fare ai compagni. Agisce quando l'anima delle squadre avversarie è dolente, pres-agendo la caduta, intuendo l'attimo fatale. Il resto è rottura, di schemi e azioni, è su tutte le palle alte da qualunque parte arrivino, ed è sempre pronto a girarla in porta.

Pur essendo un giocatore di peso ha anche la geometria, infatti riesce ad essere preciso, i due gol al Lecce sono due appoggi di interno su due rimpalli, palloni che sarebbero andati perduti, e che invece hanno trovato una esatta paternità: i suoi piedi. A differenza della maggior parte degli attaccanti non soffre la solitudine d'aria, non è un calciator-borbottante, anzi, danza sui confini, riuscendo nella condizione di estraneo/presente.

È l'uomo estremo che si perde tra gli avversari e che i compagni scoprono quando serve, pronto a giocarsela arrampicandosi in cielo o per fare da sponda in una triangolazione, al punto di divenire una apparizione per i portieri che se lo ritrovano in area come un plotone d'esecuzione, senza riuscire ad arginare i suoi appoggi in porta.

Llorente, avrebbe detto Boskov, è il giocatore che esce dalle nebbie, e ti segna. Portando con sé l'immagine di un'altra epoca, l'umiltà di farsi pedina a tempo, nelle mani degli allenatori senza pretendere la titolarità, anche se i suoi 34 anni senza acciacchi e la partita di Lecce dicono che può essere spalmato per un tempo e mezzo. Apre molte più possibilità immaginate da chi lo ha conteggiato come ripiego, e lui non ha ancora preso bene le misure ai compagni, alle loro posizioni in campo, quindi, si presuppone, che a queste tre partite intestate a suo nome vada aggiunta una possibilità di miglioramento.

Poi ci sono le necessità ancelottiane, e le concessioni della fortuna, ma, intanto, lui è pronto, s'è già ambientato, ed è entrato a pieno titolo nella stagione napoletana, mostrando un quieto entusiasmo, nonostante gol e passaggi. Per ora «l'uso terapeutico» adottato da Carlo Ancelotti sta funzionando benissimo, alternandogli anche i giri degli altri attaccanti intorno, e dopo tre partite possiamo dire che Llorente sta bene con tutti, ma meglio con Mertens, insieme sono una coppia da grosso e piccolo che ha sempre funzionato: dal comico con Oliver Hardy e Stan Laurel al calcio con John Charles e Omar Sivori.
© RIPRODUZIONE RISERVATA