Napoli-Milan è Gattuso contro Ibra:
la sfida tra i due guerrieri amici

Napoli-Milan è Gattuso contro Ibra: la sfida tra i due guerrieri amici
di Roberto Ventre
Venerdì 10 Luglio 2020, 12:00
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Due anni insieme al Milan, intensissimi. Gattuso e Ibra giocarono nella squadra allenata da Allegri, l'ultimo grande Milan che nel 2011 vinse lo scudetto davanti a Inter e Napoli e l'anno successivo si piazzò secondo alle spalle della Juventus. Gli ultimi due anni di Ringhio in maglia rossonera, gli ultimi in Italia dello svedese dopo i precedenti con Inter e Juve e prima del ritorno a gennaio di quest'anno nel Milan. Due duri, due che non mollano mai, due vincenti.

Tra Ibra e Ringhio si stabilì un gran rapporto, erano tra i più esperti dello spogliatoio rossonero, quelli che caricavano tutti gli altri e che tenevano su il morale nei momenti difficili: tanti scherzi tra loro, momenti goliardici, le battute durante i ritiri. E l'impegno sempre massimo in tutte le partite e in ogni allenamento. Due personalità forti, due punti di riferimento per i compagni. Domenica sera al San Paolo si troveranno di fronte, uno a guidare gli azzurri dalla panchina e l'altro in campo ancora decisivo al centro dell'attacco del Milan. «Non ho più la forza per essere in campo, ci lascio le penne se lo faccio. Ibra? Ho visto le sue foto. Sembro il nonno di Zlatan», disse Ringhio quando Ibra cominciò la sua nuova avventura con il Milan. E lo svedese ha sempre elogiato Ringhio. «Rino non mollava mai, ti stava addosso. Non è Messi ma ti dava una carica mostruosa», raccontò in passato. In un'altra circostanza quando giocava a Los Angeles dichiarò. «Mi piace come persona, mi piaceva come calciatore. Ti stimola e ti dà tanto in campo e fuori. Se dovessi andare in guerra me lo porterei, non ce ne sono tanti come lui». Il loro ex compagno nel Milan, il difensore brasiliano Thiago Silva in un'intervista a Sky Deutschland rivelò un curioso aneddoto. «Un giorno, durante una seduta di allenamento, Gattuso passò tutta la mattinata a stuzzicare Zlatan che incassava apparentemente senza dire nulla. Poi si incontrarono di nuovo a fine seduta negli spogliatoi e Ibra sollevò di peso il compagno ribaltandolo e gettandolo nel cestino della spazzatura. Cominciammo tutti a ridere».
 
 

Il tecnico del Napoli ha 42 anni e fa l'allenatore già dal 2013, cominciò nel Sion la sua ultima squadra da calciatore dopo i 13 anni e i tanti trionfi in rossonero. Ibra invece continua a giocare e a fare la differenza e dal suo arrivo ha trasformato i rossoneri, sesti in classifica a due punti dagli azzurri e dalla Roma. Ora toccherà a Ringhio fermare il suo ex compagno di squadra, di cui conosce tutti i segreti: dovrà predisporre una guardia attenta sullo svedese che, tornato in campo dopo l'infortunio muscolare, ha giocato uno spezzone di partita contro la Spal ed è partito dal primo minuto contro la Juve realizzando il gol su rigore che ha dato il là alla rimonta. E Ibra proverà a far gol anche al suo vecchio compagno e amico Rino: l'ultima volta al San Paolo giocò nel campionato 2010-2011 e segnò un gol del 2-1 rossonero e in squadra con lui c'era Gattuso.

Rino troverà da avversario per la prima volta Ibra ma soprattutto per la prima volta il Milan, la squadra della sua vita calcistica, 468 presenze e 11 gol, dopo l'inizio nel Perugia, il trasferimento ai Rangers in Scozia e il ritorno in Italia alla Salernitana: tredici anni in maglia rossonera e tanti trionfi, due scudetti, una coppa Italia, due Champions League, due Supercoppe italiane ed europee e un campionato del mondo per club. Ringhio ha vinto praticamente tutto con il Milan ed è stato una bandiera in tutti i sensi per il grande spirito di attaccamento al club e le sue caratteristiche di straordinario combattente in campo. E al Milan ci è tornato da allenatore, un'esperienza durata in totale due anni. Cominciò da tecnico della Primavera nel 2017 e a novembre venne promosso in prima squadra dove subentrò a Montella: il primo anno lo conlcuse al sesto posto, il secondo si migliorò ulteriormente sfiorando la qualificazione in Champions League e concludendo il campionato al quinto posto. Ma a fine stagione capì che i programmi societari erano altri e andò via rinunciando per intero alle sue spettanze economiche per due anni e facendo pagare tutti gli stipendi ai suoi collaboratori. 
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