È tornato. Conta solo questo. Il resto è attesa. Tutta Napoli è appesa alla traversa colpita dal demone Victor Osimhen. Non importa aver pareggiato, non importa chi ha sbagliato e come, c’era una sola cosa che doveva arrivare dalla partita col Verona: Osi in campo. Osi che riprende le misure, corre, gioca, tira, scalpita, impreca. Il resto è attesa. Per la partita di martedì, per il Milan, per la Champions League. Fin quando non ha messo piede in campo, fin quando non si è liberato della pettorina, poi della tuta, c’era persino chi aveva attenzione al fatto che il Verona riuscisse a pareggiare al “Maradona”. Dopo no. Il dopo, è tutto sul ritorno del demone, sulla tempesta di possibilità che apre, di speranze che genera. Ogni suo passo in campo lascia intravedere possibilità di rimonta, vapori di vittoria, promesse di andare avanti in Champions.
Il supereroe Marvel che gioca nel Napoli colpendo la traversa del Verona ha fatto di più che segnare: ha messo il carico sulle spalle del Milan, perché il gesto non lascia dubbi, l’opportunismo è quello di sempre, i centimetri diventano un regalo, il gol mancato più pesante di uno fatto.
Fa il demone, è la sua natura. Per questo Napoli lo ama. Perché è esagerato. E la sua determinazione è il motore di questa stagione. Appena entra rovescia il ritmo, fa salire la squadra e regala spazi e possibilità. Anche quando sperpera. Prima è stata una partita lenta, col ritmo di un disco di Brunori. Promesse e angoscia. Attese e rimandi. Con Raspadori a soffrire nel mezzo, e gli altri a suonargli intorno. Ha lottato, resistito, cucito, ma è ancora lontano dalla sua forma. Poi è entrato Osimhen e sono partiti i tamburi, è ricominciato tutto, si è risentito il ritmo, complici Lobotka e Kvaratskhelia.
L’andare di Osimhen è tutto curve d’Indianapolis prese a velocità altissima, e il pallone che si infrange sulla traversa, dopo un tiro potentissimo girandosi a volo è la grande sgasata. Basta così. Serviva questo. L’eco arriverà fino a martedì sera. L’alone resterà nell’aria e soprattutto nell’area di rigore. Era quello che serviva. Come una pistola in un giallo, se appare all’inizio poi sparerà. Il resto è attesa. Osimhen ha mostrato la luce, reso visibile il divertimento, fatto vedere che c’è. Piedi, gambe, corpo e mascherina. E tanto basta per inquietare tutti. Da Maldini a Maignan. Da Milano a Napoli.
Il suo tiro è il primo sparo di cannone, lo squillo di tromba, il primo pugno sul ring. C’è già tutto. E questo serviva al Napoli: ritornare a sentire la presenza del demone, la sua voglia matta di essere al centro dell’area, del campo, dei desideri. In quella traversa c’è lo scampato pericolo, e le priorità che vengono ristabilite: prima tirare in porta, e se tira lui, poi. Ecco, è tutto qua. L’odore del gol. Il fischio prima che il treno parta. Con lo stadio che urla in partita, al posto di in carrozza. Il resto è attesa. Conservando le tracce delle emozioni che verranno. Osimhen ha di nuovo recuperato le forze, superato le ostilità. È tutto un vibrare, dopo la sua traversa: deve passare la nottata, e poi lui tornerà a segnare.