Rapina a Milik, Bruscolotti: ai miei tempi
i giocatori erano considerati intoccabili

Rapina a Milik, Bruscolotti: ai miei tempi i giocatori erano considerati intoccabili
di Angelo Rossi
Venerdì 5 Ottobre 2018, 08:24 - Ultimo agg. 09:40
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Succede ovunque, d’accordo. «Sportivo o attore, in altri posti entrano fin dentro casa per rapinarti”. Però a Napoli il calciatore assume quasi le sembianze di un semidio. «Prima c’era più rispetto, il rapporto era differente ma soprattutto i tempi sono cambiati». Beppe Bruscolotti capitano di un Napoli di altri tempi, appunto, vive poco distante dal luogo dove i malviventi hanno sottratto con la violenza il prezioso orologio a Milik.

«Licola o Varcaturo fa lo stesso, così come non c’è differenza con Napoli città. Se ricordo bene, una disavventura simile capitò a Insigne nella zona di Mergellina. Guai a generalizzare, piuttosto ricordiamoci che nelle altre grandi metropoli accade di peggio. E’ il destino delle grandi metropoli e non per questo Napoli deve recitare un ruolo a parte».

Però in passato nessuno si spingeva a tanto contro un giocatore azzurro. 
«È sempre difficile, oltre che ingiusto, paragonare fatti o persone a distanza di anni. Fondamentalmente mi viene da dire che esisteva un limite quasi invalicabile tra noi e la gente. Una sorta di rispetto che con il passar del tempo si è affievolito sempre di più. Conseguenza del fatto che gli atti di violenza e di microcriminalità si sono moltiplicati. Faccio un esempio: non esiste più il delinquente che si pone il problema di rapinare un calciatore famoso. Oggi c’è più miseria e chi decide di compiere un gesto come quello della rapina armata, mica si pone il problema di quale personaggio si troverà di fronte. A lui interessa il Rolex e basta».  
Semplificazione del discorso che non c’è più rispetto. 
«Sì, tutto sommato è questo il nocciolo della questione. Non esisteva al mondo puntare una pistola in faccia a un calciatore, ci sentivamo quasi protetti solo perché indossavamo la maglia azzurra. Il fatto che sia stata rapinata gente come Hamsik, Lavezzi, Insigne significa una sola cosa: oggi nessuno guarda in faccia a nessuno».

Questa specie di impunità della quale godevano una volta i calciatori da cosa nasceva? 
«Dal fatto che città e squadra sono sempre stati una sola cosa. Quando le cose non andavano bene, fuori i cancelli di Soccavo siamo stati costretti a fronteggiare grandi contestazioni. Finiva lì, non si è mai arrivati a gesti così brutali. C’era una maggiore partecipazione alla vita sociale della tifoseria, ci si allenava in città, si poteva assistere agli allenamenti. Oggi la squadra viene vissuta quasi come un corpo estraneo e chissà che questa mancanza di simbiosi non abbia disaffezionato parte dei napoletani. Voglio farvi un altro esempio: mi capita tuttora di essere a volte ospite dei Napoli club che mi invitano. I calciatori di oggi sanno cos’è un Napoli club e la passione che anima i suoi soci?». 

Cosa direbbe a Milik?
«Più che consolarlo gli farei una tiratina d’orecchi».

Della serie: perché ti fai vedere con il Rolex al braccio?
«Esatto. Sarà pure un luogo comune ma, caro ragazzo, era il caso di girare a tarda sera con un prezioso orologio?».
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