TERNI Un’altra Pasqua da dimenticare. Con un altro lockdown che mette a dura prova la tenuta delle attività di ristorazione sopravvissute al primo. Non tantissime: i locali che non riuscivano a garantire un distanziamento a misura di Codid-19, avevano gettato la spugna già a maggio 2020. Non hanno riaperto. Gli altri hanno investito quello che potevano e sono andati. Ma non ce la fanno più. «L’asporto non funziona, non siamo rosticcerie e soprattutto non abbiamo più dipendenti – dichiara Federico Bianchini, con una pizzeria in pieno centro – per ripartire dovremo fare nuove assunzioni perché i nostri dipendenti se ne sono andati, la cassa integrazione non arrivava e comunque non era sufficiente a garantire la sopravvivenza di una famiglia monoreddito. Io e mio cognato facciamo del nostro meglio per garantire un servizio ai pochi clienti affezionati, ma sono sempre meno quelli che ordinano cene a domicilio. E comunque l’asporto non copre le spese neanche di mezza bolletta. Sono mesi che abbiamo solo uscite (affitti e utenze)». Per la Pasqua 2021 pochissimi ristoranti si sono organizzati con il menù classico da portare nelle case dei ternani. Alessandro Paolucci, ristoratore storico di via Fratini, è uno di questi.
«Sto lottando dall’inizio della pandemia inventandomi ogni giorno cose nuove pur di uscire da questa situazione di stallo. Ci vogliono i vaccini e ci vuole fantasia». «Bisogna guardare al futuro - dice Ale - alla specializzazione, alla verticalità». Paolucci immagina una Terni post Covid con locali aperti dalla mattina alla sera, che propongono servi differenziati in base all’orario: dalla pasticceria e caffetteria alla pizzeria, fino al ristorantino informale per pranzo. «Ci dobbiamo reiventare per sopravvivere e non guardarci mai indietro. Io il menù di Pasqua l’ho preparato perché è una tradizione del mio locale che intendo mantenere per tutta la vita - afferma - e qualcuno me lo ha già ordinato, certo c’è un calo significativo di prenotazioni, anche se le consegne a domicilio non le facciamo per arricchirci ma per passione». Mario Isola, con un ristorante a Miranda, sta fermo da sette mesi.
«Niente delivery - spiega – perché per noi che stiamo fuori città non funziona e perché rappresenta un costo aggiuntivo che non ci possiamo permettere. Cerchiamo di tenere botta semplicemente stando chiusi. I nostri dipendenti stanno in cassa integrazione Covid e per fortuna la proprietà ci è venuta incontro scontandoci l’affitto».
«E’ vero, il delivery ha un costo che nessuno considera, tantomeno il Governo nel predisporre ristori adeguati.
Ristoratori in ginocchio
altra Pasqua di passione
di Aurora Provantini
Sabato 3 Aprile 2021, 09:16
3 Minuti di Lettura
Noi lo offriamo da parecchio - intervengono Daniele Bernardini e Stefania Tommasi, con una hamburgheria in via Cavour – ma sta diventando una rimessa perché le entrate sono davvero pochissime. E poi la gente è stanca, non ne può più, non ha voglia di ordinarsi neanche un panino». Per Daniele Stellati, direttore di Confesercenti Terni, molti ristoranti chiuderanno per sempre entro l’estate. «Soprattutto i piccoli – afferma – che restano aperti giusto per ricevere quei pochi spiccioli in arrivo dal decreto sostegno. Talmente pochi che non consentiranno un riavvio delle attività».
© RIPRODUZIONE RISERVATA