Brigata ebraica, cos'è e come ha contribuito alla Resistenza italiana

Brigata ebraica, perché i battaglioni di fanteria che combattè in Italia con la bandiera della stella di David è parte integrante della Resistenza
Brigata ebraica, perché i battaglioni di fanteria che combattè in Italia con la bandiera della stella di David è parte integrante della Resistenza
Giovedì 25 Aprile 2024, 10:07 - Ultimo agg. 19:24
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partigiani ebrei hanno cittadinanza piena nella Resistenza italiana.  La Brigata Ebraica era un corpo di giovani volontari ebrei provenienti dalla Palestina ancora sotto il mandato britannico, inquadrata nell’esercito del Commonwealth che ha partecipato alle ultime fasi della seconda guerra mondiale nell’Italia settentrionale. Nasce nel settembre 1944 e combatte sulla Linea Gotica in Romagna insieme agli alleati angloamericani e ai partigiani italiani. Viene sciolta nel 1946. 

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Perché è un tassello fondamentale nelle vicende della Seconda guerra mondiale? L'urgenza della costituzione della Brigata ebraica appare quando emergono le proporzioni spaventose della Shoah, l'Annientamento di milioni di ebrei e poi, sul finire del 1944, in concomitanza con il rallentamento delle operazioni militari alleate che fece rialzare la testa a fascisti e tedeschi rafforzati anche dalle disposizioni del Ministro della difesa della Repubblica di Salò, Rodolfo Graziani, che minacciava la pena di morte per disertori e ribelli armati. In questo contesto arrivò il prezioso aiuto della Brigata Ebraica che si unì alla Resistenza italiana.

Curosità: era ebreo il più giovane partigiano d’Italia, Franco Cesana, morto a soli 13 anni, il 14 settembre 1944, sull’Appennino modenese quando operava come staffetta presso la formazione Scarabello della divisione Garibaldi.

Brigata ebraica, quando nasce

È stato il governo di Churchill a istituire la Brigata Ebraica Combattente, un'unità militare indipendente dell'esercito britannico con una propria bandiera e un proprio emblema. Nella Brigata furono arruolati 5.000 volontari che dopo un periodo di addestramento a Fiuggi, furono trasferiti sul Senio (Ravenna) dove, nell'aprile del 1945 combatterono contro i nazisti insieme ai gruppi partigiani Friuli e Cremona.

Quando si sciolse, alcuni membri decisero di restare come civili per proseguire il lavoro di sostegno e di soccorso ai superstiti della Shoah insieme ai primi volontari civili giunti dalla Palestina contribuendo al lento ritorno a una normalità delle principali comunità ebraiche italiane. 

Nel cimitero inglese di Piangipane (Ravenna) sono ricordati ogni anno circa 50 caduti, altri riposano a Faenza, Coriano e Udine. Vi furono anche 150 feriti e 21 decorati sul campo.

Chi sono i volontari della Brigata ebraica

La Brigata Ebraica era composta di soli volontari: circa il 20% provenienti dalla Palestina, il rimanente dal resto del mondo (soprattutto dalle grandi comunità ebraiche polacche e russe). 

Combattono con l'insegna bianca e azzurra e la stella di David

Era composta da tre battaglioni di fanteria corazzata sotto il comando del generale di brigata Ernest Benjamin, con un’insegna autonoma: una bandiera con la stella di David (lo stesso simbolo che gli ebrei furono obbligati a esibire, cucito addosso, nelle zone occupate dai nazisti, dalla Germania alla Polonia) su uno sfondo a strisce bianche e azzurre, sotto cui si trova scritto a caratteri ebraici l’acronimo di “Brigata Ebraica Combattente”, in ebraico Hayl (Hativa Ivrit Lochemet).

Viene inquadrata nell’Ottava Armata e destinata, come detto, al fronte italiano.

Il ruolo nella Liberazione dell'Emilia Romagna

La Brigata Ebraica partecipa direttamente alla liberazione delle principali città romagnole: Ravenna, Faenza, Russi, Cotignola, Alfonsine ed Imola. In modo particolare fu impegnata in furiosi e sanguinosi combattimenti lungo la zona d’operazione corrispondente allo sfondamento della Linea Gotica nella valle del Senio, nei pressi di Imola. In quella battaglia, la Brigata Ebraica portò a termine uno dei pochi assalti frontal di tutto il fronte italiano. Molti storici sostengono che quella battaglia fu la più sanguinosa di tutta la campagna d’Italia. Registrarono, infatti, numerose perdite. In Piazza Garibaldi a Ravenna una lapide di marmo (posta il 15 maggio 1995 nel 50° anniversario della Resistenza e Liberazione) ricorda gli ebrei assassinati dai nazi-fascisti e i 45 giovani volontari della Brigata Ebraica caduti in Romagna, anche loro per la liberazione.

Missioni extra militari: la ricerca dei superstiti della Shoah

Al termine delle ostilità, nel maggio del 1945, la Brigata Ebraica ricevette l’ordine di trasferirsi a Tarvisio, punto strategico per la fuga dei rifugiati e sopravvissuti ai campi di concentramento nazisti.

Questa particolare formazione ha un importante ruolo anche nella ricostruzione materiale e morale delle comunità ebraiche decimate dalle deportazioni volute dal regime fascista. Queste attività di supporto, che vanno dal fornire indumenti fino all’aiuto a orfani e persone che scelsero di raggiungere la Palestina, continuarono anche quando la Brigata Ebraica venne trasferita in Olanda e Belgio nel luglio 1945. Alcuni componenti vennero destinati alla ricerca di superstiti nei paesi dell’Est: Polonia, Cecoslovacchia, Ungheria e Romania.

Lo scioglimento nel 1946

Nell’estate del 1946, a causa delle crescenti tensioni fra la Gran Bretagna e i dirigenti dell’Yshuv (il territorio di insediamento, sotto l’autorità britannica, concesso agli ebrei che volevano emigrare in Palestina alla fine della Prima Guerra Mondiale), gli inglesi decidono di smantellare la Brigata Ebraica. Molti dei suoi componenti tornano in Palestina e, anche grazie all’esperienza nel conflitto europeo, diventeranno poi i componenti e gli ufficiali dell’esercito dello Stato di Israele.

I condannati a morte, i torturati, i sopravvissuti

Nella foto l'ex presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi con Vittorio Foa in Campidoglio, in occasione del conferimento della cittadinanza onoraria di Roma al rabbino Elio Toaff.

Gli ebrei italiani furono molto attivi nei vari movimenti antifascisti; molti furono inviati al confino (Carlo Levi, Raffaele Cantoni, Vittorio Foa, Emilio Sereni, Umberto Terracini, ecc.), altri furono torturati ed assassinati (i fratelli Carlo e Nello Rosselli, Leone Ginzburg, Matilde Bassani, Mario Jacchia, Eugenio Curiel, Eugenio Colorni, Emanuele Artom, Ildebrando Vivanti, Enzo Sereni, Rita Rosani, Riccardo Pacifici, Nathan Cassuto, ecc.).

Delle migliaia di ebrei italiani deportati lager nazi-fascisti pochissimi ritornano nelle loro case (Primo Levi è uno di questi). Solo a Roma, dal rastrellamento del vecchio ghetto del 16 ottobre 1943 fino alla liberazione della capitale (4 giugno 1944) i deportati furono, complessivamente, 2091 (1067 uomini, 743 donne, 281 bambini). Di questi deportati nei campi di sterminio ritornarono 73 uomini, 28 donne e nessun bambino. Alla fine del 1945, quando l’Italia riscopriva la libertà e la democrazia, la piccolissima Comunità Ebraica Italiana (circa 41.000 persone al momento del censimento delle famigerate leggi razziali del 1938), iniziava a contare le sue vittime. Secondo i più recenti dati forniti dalla Fondazione Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano, ammontano a 7049 martiri, tra i quali i 77 ebrei uccisi alle Fosse Ardeatine insieme ad altri 258 italiani ed alle migliaia di uomini, donne e bambini assassinati nei campi di sterminio nazi-fascisti.

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