In fiamme il deposito cinese: l'ombra del racket della mafia orientale

In fiamme il deposito cinese: l'ombra del racket della mafia orientale
di Paolo Barbuto
Venerdì 24 Luglio 2015, 03:02 - Ultimo agg. 08:20
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Via Brin, un qualunque pomeriggio di luglio che inizia a quaranta gradi all'ombra e termina sotto il diluvio universale: va a fuoco un deposito di materiale «made in China», si tratta della «Bh casalinghi» che nel capannone conserva un gigantesco affastellamento di roba d'alto potenziale inquinante.

Sono passate da poco le 15 quando scatta l'allarme: c'è un incendio in zona orientale. Le fiamme si propagano nel giro di pochi minuti a tutto il capannone: la roba ammassata lì dentro è altamente infiammabile, c'è di tutto, quasi esclusivamente roba di plastica. La colonna di diossina, un fumo denso e nero inizia a sollevarsi sulla città, è visibile da ogni zona di Napoli, sul posto arrivano una, due, dieci squadre dei vigili del fuoco. Le fiamme sembrano indomabili e in più arriva l'aria di tempesta preannunciata da un vento maligno che alimenta il fuoco.

Sul posto arrivano subito polizia di stato e polizia municipale, gli agenti proteggono naso e bocca con i fazzoletti finché non arrivano le mascherine, ma quella robaccia nell'aria è devastante quando si infila nei polmoni. Arrivano anche le ambulanze: l'incendio non ha provocato, fortunatamente, vittime e nemmeno feriti ma i medici si ritrovano a curare i vigili del fuoco e gli agenti di polizia. In tutto, alla fine della giornata di fuoco, saranno in sei gli intossicati, quattro poliziotti e due pompieri.

Le fiamme avanzano senza sosta, arrivano a devastare anche lo stabilimento dell'Italmatic Group, una azienda napoletana che si occupa di distributori automatici di cibo e bevande. Il mormorio è più forte del crepitio delle fiamme: qualcuno è andato ad appiccare le fiamme lì dentro, è roba di malavita. Lo dicono a mezza bocca i cinesi agli amici italiani che lo ripetono fra di loro. Il pensiero corre al 26 giugno quando un altro capannone cinese, in via Galileo Ferraris, subì la stessa sorte. Secondo gli italiani tutto questo fuoco porta la firma della malavita cinese che sta cercando di far sentire il suo peso nella chinatown napoletana. Secondo i cinesi, invece, questa è l'ombra della malavita locale, della camorra che sta imponendo le sue regole anche agli imprenditori orientali.



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