Berlusconi ad Alfano: comando io. Ma sulla crisi frena

Silvio Berlusconi e Angelino Alfano
Silvio Berlusconi e Angelino Alfano
di Alberto Gentili
Giovedì 14 Novembre 2013, 08:08 - Ultimo agg. 15 Novembre, 09:21
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Non stato un incontro facile quello di ieri notte tra Silvio Berlusconi e Angelino Alfano. Per la prima volta l’ex delfino, nel colloquio durato 3 ore e al quale ha partecipato anche Gianni Letta, ha fatto la voce grossa. Al Cavaliere che gli prometteva una tregua sul fronte crisi-di-governo-decadenza e un «discorso unitario» al Consiglio nazionale di sabato, Alfano ha risposto proponendo un rinvio: «Questa riunione è stata costruita contro di noi». E chiedendo garanzie di «agibilità politica»: la nomina di due coordinatori e l’impegno solenne a non dare spallate al governo.

«RINVIARE IL CN»

«Non voglio e non chiedo nulla per me», ha detto Alfano al padre padrone di Forza Italia, «ma ormai è evidente che nel partito ci sono due correnti e queste vanno garantite entrambe. Non possiamo restare subendo una ritorsione continua. Parteciperemo al Consiglio nazionale solo se viene riconosciuta piena dignità alla nostra posizione, se potremo esprimere liberamente le nostre idee contro la crisi di governo». In estrema sintesi: «Nessuno potrà più dire che siamo traditori».

Raccontano che Berlusconi, preoccupato soprattutto di non rovinare la kermesse di sabato, avrebbe offerto «promesse di massima». Che come aveva fatto a pranzo con Raffaele Fitto e gli altri falchi con la mediazione del pontiere Maurizio Gasparri, abbia ribadito il suo appello contro la scissione. «Certo al Consiglio nazionale parlerò di legge di stabilità e dirò che non ci devono essere tasse sulla prima casa o prelievi fiscali contro i nostri elettori. Ma non annuncerò la crisi di governo. Farò un discorso volto a riportare unità: non voglio trasformare il rilancio di Forza Italia in un bagno di sangue. Parlerò dei nostri valori fondanti e di libertà. Un partito spaccato è più debole e questa è l’ultima cosa che deve accadere», in vista del voto sulla decadenza fissato per il 27 novembre. Voto che il Pd non vuole assolutamente rinviare. Berlusconi ha anche confidato di attendere «un importante segnale» dalla Corte europea per i diritti dell’uomo dove era stato recapitato un ricorso contro la retroattività della legge Severino: «Potrebbe anche accadere che questo omicidio politico venga scongiurato...».

IL NODO DEI DUE COORDINATORI

Nel lungo faccia a faccia notturno si è parlato a lungo dell’idea di due coordinatori. Uno per i lealisti guidati da Raffaele Fitto (il nome più gettonato è quello di Mara Carfagna) l’altro per gli Innovatori (Maurizio Lupi il probabile). Ma anche qui Berlusconi non avrebbe offerto «garanzie definitive». Anzi. «Prima sembrava orientato al sì», dice un ministro, «ora invece Silvio rimane sul vago. Del resto in Forza Italia vuole comandare solo lui». In altre parole: azzerati tutti, i falchi come i governativi.

Per convincere Alfano a non strappare, per scongiurare la scissione, Berlusconi invece è stato più chiaro sul programma del Consiglio nazionale: «Non ci saranno conte». Non ci sarà, insomma, la presentazione di documenti contrapposti e dunque neppure il voto. Ma il vicepremier ha chiesto che non vada in votazione neppure il documento varato dall’Ufficio di presidenza del Pdl, quello che ha deciso l’azzeramento di Alfano e lo scioglimento del Popolo della libertà. Anche qui «risposte non esaurienti».

C’è da dire che mentre Alfano tratta, i falchi sono sul piede di guerra. Dopo il pranzo con il Cavaliere, Raffaele Fitto ha riunito i suoi e ha pronunciato parole di fuoco: «Non è che se Silvio fa l’accordo con Angelino ha risolto tutti i problemi. Siamo stufi, serve chiarezza. Ci siamo anche noi che abbiamo la stragrande maggioranza del partito: se Berlusconi decide d’arrendersi, di certo noi non ci arrendiamo».

In trincea sono anche quasi tutti i governativi. A parte Alfano, Lupi e Nunzia De Girolamo che per ben due ore in mattinata ha cercato di riportare Berlusconi alla ragione, gli altri vanno sparati verso la scissione. Da Beatrice Lorenzin a Gaetano Quagliariello, da Roberto Formigoni a Fabrizio Cicchitto, sono tutti convinti che in Forza Italia non ci sia spazio per loro. Che, bene che vada, verranno ghettizzati. E spingono sia per disertare il Consiglio nazionale. Sia per una separazione consensuale con una successiva alleanza elettorale. «Solo ieri», dice un ministro, «sono approdati al nostro gruppo altri tre senatori. Lo spettacolo dei giovani falchi imbeccati dalla Santanché dimostra che nel partito comanderà solo lei».

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