L’Europa ferma per un altro anno il Patto di stabilità, ma intanto bacchetta l’Italia sui conti pubblici e la invita a «seguire una politica di bilancio prudente» e a tenere sotto controllo la spesa corrente. Il nostro Paese «continua a presentare squilibri eccessivi», ma per adesso non rischia una procedura d’infrazione per il troppo deficit. Attenzione, però, mette in guardia Bruxelles: lo stop alla disciplina di bilancio «non significa un liberi tutti», ha precisato il vicepresidente esecutivo della Commissione Valdis Dombrovskis, né «un ritorno a una spesa illimitata», ha fatto eco il commissario all’Economia Paolo Gentiloni, presentando ieri le pagelle e le raccomandazioni per i Ventisette contenute nel pacchetto di primavera del semestre europeo, lo strumento di coordinamento delle politiche economiche Ue. L’Italia è ancora una volta, in compagnia di Grecia e Cipro, tra gli ultimi della classe e veste la maglia nera di Stato ad alto debito. Per questo la Commissione è convinta che «serve un’attuazione rapida e corretta» del Recovery Plan italiano per sostenere gli investimenti e le riforme, «in linea con le tappe e gli obiettivi» concordati con Bruxelles.
Il precedente greco
Le vulnerabilità identificate dalla Commissione riguardano in particolare «l’elevato debito pubblico e la crescita a rilento della produttività».
Braccio di ferro
Sul fronte Patto, il braccio di ferro non è mancato, ma a determinare per il secondo anno consecutivo il congelamento delle regole fiscali Ue sono le incertezze dovute alla guerra in Ucraina che, insieme all’inflazione record trainata dai costi dell’energia, ha affossato le prospettive di ripresa, come certificato una settimana fa dalle previsioni economiche di primavera che hanno tagliato le stime di crescita nel 2022 dal 4% al 2,7%. «Si tratta della stessa clausola attivata all’inizio della pandemia, ma nel 2020 avevamo di fronte una situazione drammatica e sconosciuta», ha spiegato Gentiloni. «Adesso, invece, abbiamo bisogno di passare da un supporto generalizzato a uno più mirato, fatto di prudenza fiscale». Bruxelles continuerà a monitorare la salute dei conti pubblici e tiene le mani libere: il prossimo anno si riserva di aprire procedure di infrazione «tenendo in considerazione il rispetto delle raccomandazioni per Paese». Parole pesate per rassicurare gli Stati fautori del rigore, mentre i governi si preparano alla battaglia per la riforma del Patto, nella seconda metà dell’anno.