Nel documento di economia e finanza appena approvato dal governo di indicazioni sulla prossima manovra non ce ne sono molte, ma una certezza, o quasi, c’è: sarà difficile che il prossimo anno possa esserci qualche nuova forma di pensionamento anticipato. La spesa sostenuta dai conti pubblici per le pensioni è troppo alta e comunque destinata a crescere ancora. Quest’anno toccherà i 337,4 miliardi, l’anno prossimo salirà a 345 miliardi, nel 2027 balzerà a 368 miliardi. Una corsa che non è destinata a fermarsi nemmeno negli anni successivi. Insomma, proposte come l’introduzione di un pensionamento con 41 anni di contributi a prescindere all’età, anche se addolcite nei costi per lo Stato (ma non per i pensionati) da un ricalcolo contributivo degli assegni, sono destinate a restare nel cassetto. Ma cosa sta accadendo al sistema pensionistico? Pesano diversi fattori. Il primo è strutturale: l’andamento demografico. Il numero dei pensionati gradualmente sta aumentando e quello dei lavoratori destinati a “mantenerli” con il versamento dei contributi è destinato invece a ridursi. Non perché aumenta la disoccupazione, ma piuttosto perché ci sono sempre meno persone in età lavorativa.
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La seconda ragione è più contingente: il ritorno dell’inflazione.
C’è un altro punto del Documento di economia e finanza approvato dal governo che lascia intendere che difficilmente potranno vedere la luce altre politiche di anticipo pensionistico. Il nuovo e unico parametro rilevante per valutare i conti pubblici che sarà preso in considerazione dall’Europa, è l’andamento della spesa primaria netta. Sarà questa a determinare l’apertura o meno, di una procedura di infrazione in futuro. E la spesa per le prestazioni sociali è quella di gran lunga superiore. All’interno di questa la parte preponderante è proprio quella pensionistica.
IL PASSAGGIO
Cosa rimarrà dunque, degli scivoli introdotti lo scorso anno e in scadenza a fine dicembre? L’attuale Quota 103 non è francamente molto appetibile. Permette sì di lasciare il lavoro a 62 anni con 41 di contributi, ma accettando un ricalcolo contributivo della pensione e dovendo attendere 7 mesi nel privato e 9 mesi nel pubblico, prima di poter ricevere l’assegno. Anche Opzione Donna ha ottenuto una decisa stretta. L’età è salita a 61 anni, che possono essere ridotti solo alle donne con figli. E anche in questo caso è previsto il taglio della pensione attraverso il ricalcolo contributivo.
Semmai è più probabile che nella prossima manovra arrivi una qualche nuova stretta sulle pensioni per provare a contenere la spesa. Già l’anno scorso il governo ha introdotto una serie di tagli, alcuni dei quali anche con un impatto rilevante. Come per esempio le misure sulle pensioni dei dipendenti pubblici di alcune gestioni, quelle dei medici, dei dipendenti degli enti locali e degli ufficiali giudiziari, che si sono viste annullare una serie di meccanismi di calcolo degli assegni privilegiati rispetto agli altri lavoratori (con un parziale dietrofront poi per medici e infermieri). Il governo ha anche reintrodotto dal prossimo anno l’adeguamento automatico dell’età di pensionamento alla speranza di vita. E ha tagliato le rivalutazioni per le pensioni più alte. Anche nel prossimo futuro è probabile che si prosegua su questa strada. L’ultimo indizio, che costituisce una prova, è l’insabbiamento del tavolo con i sindacati sulla riforma in attesa da mesi di una convocazione.