Superbonus, cosa cambia con i crediti spalmati in 10 anni? Detrazione scende al 30%: chi ci guadagna e chi ci perde

Lo spalma crediti non riguarda tutti

Superbonus, chi viene colpito (e chi si salva) dallo spalma-crediti. Dalle detrazioni ai lavori, ecco cosa cambia
Superbonus, chi viene colpito (e chi si salva) dallo spalma-crediti. Dalle detrazioni ai lavori, ecco cosa cambia
di Andrea Bassi
Martedì 14 Maggio 2024, 21:19 - Ultimo agg. 16 Maggio, 10:39
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A chi si applica la spalmatura in dieci anni delle detrazioni fiscali del superbonus?

L’emendamento del governo al decreto legge sul Superbonus rende «obbligatoria» la spalmatura in dieci anni delle detrazioni che derivano dal superbonus, dal sismabonus e dal bonus per l’eliminazione delle barriere architettoniche per i crediti maturati sui lavori a partire dal primo gennaio di quest’anno. Ma lo spalma crediti non riguarda tutti. La norma esclude esplicitamente dalla misura tutti coloro che hanno acquistato i crediti attraverso sconti in fattura o cessioni successive. Significa che l’allungamento da 4-5 anni a 10 anni, non toccherà le imprese e le banche che hanno acquistato i crediti fiscali, ma soltanto i contribuenti che li utilizzano direttamente nelle loro dichiarazioni dei redditi senza averli mai ceduti.

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Quali sono i limiti introdotti all’utilizzo dei crediti?

Le banche e gli intermediari finanziari a partire dal 2025, non potranno più utilizzare i crediti fiscali per compensare debiti previdenziali verso l’Inps e assicurativi verso l’Inail.

La misura ha un impatto soprattutto sulle banche che hanno acquistato importi rilevanti di crediti fiscali derivanti dal Superbonus e magari hanno una “capienza” fiscale insufficiente. Cosa significa? I crediti fiscali possono essere “scontati” dalle tasse da pagare allo Stato. Ma se i crediti un dato anno sono più alti delle tasse da versare, la parte eccedente non potrà più essere utilizzata per pagare i contributi dei dipendenti, dunque andrà perduta. Le grandi banche hanno nei loro bilanci 35 miliardi di euro di crediti di imposta da Superbonus, quella con la quota maggiore sarebbe Intesa San Paolo. Fino ad oggi, secondo le stime presentate dall’Ufficio Parlamentare di Bilancio, dei 160 miliardi complessivi di crediti da bonus edilizi, ne sarebbero già utilizzati in compensazione poco più di 31 miliardi.

Chi invece si salva dalla stretta sulle compensazioni?

Il testo dell’emendamento presentato dal governo, prevede che la stretta si applichi a tutti gli intermediari finanziari iscritti nell’albo previsto dall’articolo 106 del Testo unico bancario, e alle imprese di assicurazione autorizzate ad operare in Italia. Dunque non si applica alle imprese, a partire da quelle di costruzione che hanno effettuato i lavori attraverso lo sconto in fattura. E non si applica nemmeno alle altre imprese, tra cui diverse pubbliche, che hanno in bilancio crediti da superbonus. Un caso particolare è quello di Poste. La società ha in portafoglio ancora 8,3 miliardi di crediti da fiscali derivanti dal superbonus dopo averne utilizzati lo scorso anno 1,7 in compensazione delle tasse. Le Poste, pure dovendo sottostare a degli obblighi di vigilanza bancaria per le attività del Bancoposta, non sono un soggetto iscritto all’albo 106 del Testo unico bancario. Potranno dunque continuare a compensare i crediti fiscali anche con i contrinbuti Inps e Inail.

Cosa prevede la norma “anti-usura” prevista dall’emendamento?

Le banche e gli intermediari finanziari che hanno acquistato, o che dovessero acquistare in futuro crediti derivanti dal superbonus o dal sismabonus, ad un prezzo inferiore al 75 per cento del loro valore nominale, non potranno usarli immediatamente in compensazione, ma dovranno spalmarli in sei rate annuali di uguale importo. Anche in questo caso la norma si applicherà a partire dal 2025.

Cosa cambia invece per le detrazioni “ordinarie” per i lavori di ristrutturazione?

È forse una delle novità più rilevanti contenute nell’emendamento presentato dal governo. Viene previsto che a partire dal 2028 la detrazione per i lavori di ristrutturazione ordinari, scenda dal 36 per cento al 30 per cento del valore delle opere. In realtà, anche se la detrazione ordinaria è del 36 per cento, da anni lo sconto fiscale applicato è del 50 per cento. Si tratta di una norma da sempre giustificata con l’intenzione di mantenere un principio di “conflitto di interessi” tra il committente dei lavori e l’esecutore, per evitare che possano accordarsi e svolgere in “nero” le opere. L’emendamento lascia presupporre che dal primo gennaio del 2025 si tornerà alla detrazione ordinaria del 36 per cento, per poi scendere fino al 30 per cento a partire dal 2028. Si tratterebbe di una misura di “tax expenditures”, di riduzione degli sconti fiscali.

Chi ha in corso ancora i lavori, con quali sconti potrà proseguirli?

I condomini che hanno approvato i lavori entro novembre 2022 e depositato la Cilas entro dicembre 2022 e non hanno ancora concluso i lavori, potranno proseguire con la detrazione del 70 per cento potendo ancora utilizzare anche lo sconto in fattura. Sempre però, che a questo punto trovino banche o imprese disposte ad applicarla.

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