Armi e truffe superbonus: il figlio del boss riorganizzava i Casalesi

L'arresto di Emilio Martinelli

Armi e truffe superbonus: il figlio del boss riorganizzava i Casalesi
Armi e truffe superbonus: il figlio del boss riorganizzava i Casalesi
Marilu Mustodi Marilù Musto
Sabato 21 Ottobre 2023, 08:20 - Ultimo agg. 22 Ottobre, 08:20
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 Una foto con la maglietta verde abbinata e l'auto di colore verde pure lei. Sotto, il testo: «Urus performante». È questa l'ultima apparizione sul profilo Facebook, 12 ore prima dell'arresto, di Emilio Martinelli, 32 anni, figlio di Enrico, boss di San Cipriano d'Aversa con all'attivo omicidi ed estorsioni. Condannato nel maxi-processo Spartacus I, Enrico Martinelli, il ras, è ora rinchiuso nel carcere di Parma. Suo figlio era libero fino a ieri. Dal 2021 in poi, quando una prima "pulizia" era stata già fatta, a prendere lo scettro del clan dei Casalesi in mano, per gli inquirenti, sarebbe stato Emilio, stessa assonanza con il nome del padre, ma di fatto più emancipato rispetto alla vecchia generazione.

Foto da modello sui social con account da 2.500 follower, auto di lusso e abiti di marca: questo è il nuovo volto della camorra di San Cipriano e dintorni.

Era lui, Emilio, il "gancio" del clan per gli affari derivanti dal bonus 110 per cento nel campo delle ristrutturazioni di edifici in provincia di Caserta. Ieri mattina, i poliziotti della squadra mobile hanno portato in questura Martinelli junior per poi spedirlo in carcere a Santa Maria Capua Vetere. La Procura Antimafia di Napoli, nel giorno dell'insediamento del procuratore Nicola Gratteri a Napoli, segna un primo punto a suo favore con una cattura guidata dal questore Andrea Grassi. La verità è che la squadra mobile, prima di lui, aveva già individuato cinque persone, raggiunte da un avviso di garanzia: Gianluca Alemanni e Luigi Annibale di San Marcellino, Luciano Carpiniello di Aversa, Marco e Remigio Testa di San Marcellino, tutti finiti nel calderone dell'inchiesta del 2021.

Poco prima, quando era comparso sulla scena Emilio Martinelli, aveva esordito chiedendo a Oreste Reccia: «Che c'è? Non ci vieni da me? Ti ho fatto qualcosa?». E Reccia rispose: «No, io sono di San Cipriano .. quelli sono tutti casalesi che per dire pari (tuo padre), Rafilotto, Peppinotto che prendono i soldi di qua, si prendono i soldi di là e non danno niente a nessuno». Per la new generation della camorra di San Cipriano d'Aversa, avere i concorrenti a Casal di Principe è stato un vero problema. Perciò, nell'economia delle estorsioni, Emilio Martinelli decise di chiamare a sè i referenti di zona e di prendere le redini del clan in mano, creando una cassa comune con tutto il clan. Nello stesso momento, però, la polizia aveva messo gli occhi sui proventi delle estorsioni gestiti (sembrerebbe) da Annibale. Così, Oreste Reccia era stato intercettato mentre imponeva ai suoi: «Porta una braciolella mo' che viene, sempre mille euro, le tengo segnate».

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Mentre i cartelli criminali Schiavone e Bidognetti sul fronte Casalese venivano visti come concorrenti, il gruppo di Martinelli si riorganizzava con un arsenale: revolver, semi automatiche, kalashnikov e mitragliatrici Uzi. Una cosa era certa: il denaro doveva arrivare a San Cipriano, non più negli altri paesi. La polizia nel 2021 fu celere nel piazzare una microspia in auto a Oreste Reccia, il quale, un giorno, mentre parlava con Remigio Testa in una Daewoo Dalos, diceva: «Quello poi il regalo va a Trentola, ci deve fare il regalo a me e a Luigi perchè gli abbiamo risolto il problema». Ma il denaro venne subito bloccato e a Trentola Ducenta non arrivò nulla. Un affiliato, la mano dura del gruppo, dal canto suo, prima di recarsi da un imprenditore di Teverola, disse: «Se non si incomincia a far mettere paura a un cristiano, io non dico di mettere una molotov, ma una paura dobbiamo farla mettere, perlomeno questo ti paga». Chiamati in caserma, sia l'imprenditore di Teverola che gli altri, però, hanno negato di aver ricevuto richieste di pizzo. 

 

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