Il demone della follia si è insinuato di buon mattino nell'appartamentino al terzo piano di via Raffaele Testa, quartiere San Giovanni a Teduccio, spargendo terrore e morte in una famiglia che fino alla sera prima tutti indicavano come un modello. Inseguito da quel demone sconosciuto, pur senza dare alcun segno premonitore, Pasquale Pinto, ex guardia giurata, ha prima accompagnato i due figli a scuola, e poi è tornato a casa dove ha sgozzato la moglie; subito dopo ha impugnato una pistola con la quale ha iniziato a sparare, dalla finestra che dava sulla strada, contro qualunque cosa si muovesse. E alla fine - dopo quasi tre ore di inutili trattative tentate dagli esperti della Polizia di Stato e tese a farlo desistere da ogni altro male - si è tolto la vita.
I FATTI
L'ultima tragedia familiare si consuma nell'area orientale di Napoli, non lontano dal Rione Villa e da via delle Repubbliche Marinare, in un edificio di edilizia popolare abitato da cinque persone: Pasquale "Lino" Pinto, di 54 anni, sua moglie Ewa Kaminska, 48enne polacca di Sztum, e i loro tre figli, due minorenni e uno di 18 anni. Una famiglia dai vicini descritta come unita e tranquilla.Eppure qualcosa turbava il capofamiglia da giorni: lui cercava di non darlo a vedere ai suoi ragazzi, a cominciare dal più grande, che mercoledì aveva accompagnato alla Stazione Marittima dove con la scuola si sarebbe imbarcato su una nave da crociera per un viaggio di sette giorni. Lo sussurrano ora anche alcuni degli amici d'infanzia della guardia giurata, spiegando che Lino ultimamente appariva turbato, come se fosse inseguito da problemi e cattivi pensieri. Di certo qualcosa di insopportabile deve avergli devastato la mente, intorno alle 8.30, dopo aver portato i figli a scuola. Che cosa? Nessuno può dirlo, e probabilmente anche questo segreto rimarrà chiuso tra le mura di quell'appartamento.
I condomini raccontano di urla di donna intorno a quell'ora provenienti da quella casa, e qualcuno sostiene di averlo sentito urlare - dalla finestra, armato di una pistola calibro 9 - la seguente frase: «L'ho uccisa! Ho portato i bambini a scuola. Ma non sono pazzo!».
L'INTERVENTO
Qualcuno lancia l'allarme e in breve sul posto giungono le Volanti dell'Ufficio prevenzione generale diretto da Antonio Cristiano, con i colleghi del commissariato San Giovanni e gli uomini della Squadra Mobile guidata da Alfredo Fabbrocini, ai quali viene delegata l'indagine. Sono momenti di altissima tensione: Lino, che ha già ammazzato sua moglie, si sporge dalla finestra verso la strada e inizia a sparare alla vista dei poliziotti. Minaccia anche i condomini che, affacciati ai balconi, gli chiedono di calmarsi e di abbandonare quell'arma.LA NEGOZIAZIONE
Sul posto ci sono anche due agenti della Questura, specializzati nella negoziazione in casi simili.
Siamo vicini all'epilogo. Sul posto ci sono anche il procuratore aggiunto della Repubblica Raffaello Falcone con il sostituto di turno: per precauzione anche a loro viene fatto indossare il giubbotto antiproiettile. Passano i minuti, passa mezz'ora e Lino - che nel frattempo è scomparso al di là della finestra - non dà più segnali. Non risponde più al cellulare. Quell'assenza prolungata induce la polizia a fare irruzione nell'appartamento, e quel che si temeva appare nella sua crudezza agli occhi degli investigatori: in camera da letto scoprono il corpo senza vita di Ewa, trafitta con una violenza inaudita da almeno dieci coltellate, l'ultima delle quali le ha reciso la carotide. C'è sangue ovunque. Nella stanza adiacente c'è invece, in posizione prona, il 54enne. Morto.