«Al lavoro non so dire no al capo, alla fine ho lasciato l'ufficio in barella: fate attenzione all'ansia e ai sintomi del burnout»

Per Teresa parte della soluzione è arrivata grazie alla terapia e affrontare i suoi traumi le ha fornito gli strumenti per puntare i piedi e dire "no"

«Al lavoro non so dire di "no" al capo, alla fine ho lasciato l'ufficio in barella: fate attenzione all'ansia e ai sintomi del burnout»
«Al lavoro non so dire di "no" al capo, alla fine ho lasciato l'ufficio in barella: fate attenzione all'ansia e ai sintomi del burnout»
di Hylia Rossi
Lunedì 22 Aprile 2024, 20:20
4 Minuti di Lettura

Il lavoro occupa una fetta consistente delle nostre vite, nel bene e nel male, e per quanto sia necessario assicurarsi uno stipendio che permetta di vivere con serenità, è sempre bene ricordare che la salute è ancora più importante e non può essere messa in secondo piano.

Ogni professione ha i suoi vantaggi e svantaggi e se una posizione in azienda è generalmente meno stancante, a livello fisico, rispetto a un turno in fabbrica, non vuol dire che non abbia un effetto negativo sul proprio stato di salute. Sempre più spesso, in effetti, si lamenta l'insorgere del burnout, vale a dire una condizione di stress cronico causato dal lavoro che si esplicita in un esaurimento delle energie, sia mentali che fisiche.

Per sensibilizzare sull'argomento ed evitare che si ignorino i sintomi, Teresa ha condiviso su BusinessInsider la sua esperienza in proposito: l'incapacità di rifiutare i compiti assegnati dal capo ha causato un progressivo aumento di pressione.

Infine, l'esplosione durante una riunione: è stata portata via dall'ufficio in barella.  

Il burnout al lavoro 

Una richiesta del capo, l'ennesima in una lista di compiti già piena: «Teresa, puoi occuparti di organizzare la festa in ufficio, vero?». Sembra una domanda innocente, ma l'apparenza inganna. La dipendente sa che di non potere, è perfettamente consapevole di non avere tempo per dedicarsi anche alla festa. Eppure, la preoccupazione di quello che un netto rifiuto potrebbe causare la frena. 

La risposta, quindi, è limata e, alla fine, quasi concede: «Sono già occupata, sarebbe possibile trovare qualcun altro che lo faccia? Se non lo è, farò del mio meglio per organizzarmi, ho detto. Il mio capo mi ha guardato con un'espressione confusa prima di dirmi chiaramente che avrei dovuto pensare alla festa». Eppure, con una promozione ancora recente e la necessità di portare avanti diversi progetti allo stesso tempo... «il burnout si stava avvicinando velocemente». 

Teoricamente Teresa era consapevole dei limiti da imporre in ufficio. Eppure, quando provava a formare, concretamente, quei limiti, «rimanevo gelata, immobilizzata dal terrore, la gola chiusa». La necessità di provare le proprie capacità, di meritare quello stipendio, di mettere la professione al primo posto e la vita al secondo era diventato un atteggiamento automatico e disfarsene era sempre più difficile. 

«Durante le riunioni avevo le palpitazioni a ogni intervento, mi ripetevo in maniera ossessiva tutto ciò che avevo detto per capire se fossero stupidaggini o meno, ho perso l'appetito, non riuscivo più a dormire la notte e sono dimagrita - confessa la donna -. Tutto è crollato durante una riunione. Mi ricordo il battito accelerato, poi ho perso un battito. Ho provato a scusarmi e allontanarmi, ma dopo due passi ho sentito il mio corpo dondolare e se non ci fosse stata una sedia lì vicino, sarei caduta a terra».

I suoi superiori hanno chiesto: «Teresa, chiamiamo un'ambulanza?», ma lei era ancora confusa e il ricordo successivo è di quando ha lasciato l'edificio, sdraiata su una barella. La diagnosi del dottore, di poco successiva: ansia e burnout. La soluzione di Teresa è stata la terapia: «Spesso ci si basa soltanto su soluzioni esterne come l'esercizio fisico o un programma regolare per il sonno e il riposo. Sicuramente tutto ciò promuove la cura di se stessi, ma spesso (e per me che ho sperimentato traumi infantili) il beneficio reale arriva quando ci si occupa dei propri bisogni più profondi». 

«Ho realizzato che stavo rispondendo a delle figure autoritarie maschili come quando ero bambina e per questo non riuscivo a dire no al mio capo, il che ha poi causato il burnout. Capire questo fenomeno ha cambiato tutto», e anche se Teresa ammette che non è ancora tutto risolto ed è consapevole di trovarsi davanti a un percorso e non già al traguardo, adesso è meglio equipaggiata ad affrontare situazioni simili e a gli strumenti per costruire quei limiti al lavoro. 

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