Napoli. Davide Bifolco ucciso dal carabiniere: «Imperizia, non un'esecuzione»

Napoli. Davide Bifolco ucciso dal carabiniere: «Imperizia, non un'esecuzione»
di Leandro Del Gaudio
Mercoledì 12 Ottobre 2016, 08:35 - Ultimo agg. 10:09
2 Minuti di Lettura

Non è stata un'esecuzione. E la scena raccontata da alcuni sedicenti testimoni, quella di un ragazzo ammanettato, messo in ginocchio e ucciso a sangue freddo, è completamente falsa. In sedici pagine, è il gip Ludovica Mancini a fornire la ricostruzione di quanto accadde la notte di due anni fa al rione Traiano, quando venne ammazzato il 17enne Davide Bifolco. Ricordate il caso? In sella a uno scooter con altri due amici, non si fermò all'alt dei carabinieri, che erano a caccia del latitante Arturo Equabile, provocando un inseguimento nella notte, culminato nell'esplosione di un colpo di pistola. Venne ucciso il 17enne Bifolco.

Un caso che per settimane sollevò l'attenzione dell'opinione pubblica nazionale, che irrigidì i rapporti tra alcuni residenti nella zona del rione Traiano e i carabinieri. Oggi, in vista dell'apertura del processo d'appello a carico del carabiniere Giovanni Macchiarolo, è possibile conoscere il ragionamento del gip Ludovica Mancini: da un lato, l'appuntato condannato a quattro anni e quattro mesi per omicidio colposo (una condanna che va oltre la richiesta della Procura); dall'altro però si sgombera il campo da una serie di ricostruzioni che non hanno trovato fondamento nell'accertamento dinanzi al giudice.

Ma andiamo con ordine, a partire dal prossimo step in aula, dal processo d'appello chiesto dalla difesa di Macchiarolo. Difeso dal penalista napoletano Salvatore Pane, c'è la volontà di ottenere una riforma totale del verdetto firmato a porte chiuse dal giudice di primo grado, anche alla luce di quanto era stato sostenuto dall'avvocato del carabiniere in sede di conclusioni. Era stato l'avvocato Pane, a stigmatizzare il «clima di intimidazione e di pressioni in cui si era celebrato il processo, dentro e fuori l'aula di giustizia». Ma torniamo alle motivazioni della sentenza di primo grado. C'è una sconfessione totale di alcuni testimoni, di alcuni amici della vittima, che avrebbero affermato circostanze poi smentite dal contraddittorio.

Scrive il gip, alla luce della testimonianza del perito balistico: «Si deve ritenere che il colpo sia stato esploso in seguito all'assunzione di una posizione anomala da parte del corpo del carabiniere, che, per fermare Salvatore Triunfo e Davide Bifolco (entrambi in sella allo scooter che non si fermò all'alt), si è verosimilmente sbilanciato, forse inciampando nel marciapiede, perdendo l'equilibrio ed operando una involontaria pressione sul grilletto». 

© RIPRODUZIONE RISERVATA