I genitori di Davide Bifolco: «Fu omicidio volontario, hanno inquinato le prove»

I genitori di Davide Bifolco: «Fu omicidio volontario, hanno inquinato le prove»
di Andrea Ruberto
Giovedì 25 Ottobre 2018, 18:30 - Ultimo agg. 26 Ottobre, 07:04
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«Se le indagini fossero state svolte correttamente sarebbe emerso che si trattò di omicidio volontario. C’è stato un inquinamento delle prove, e questo forse è più grave dell’omicidio stesso». Questa la testimonianza della famiglia Bifolco a pochi giorni dalla sentenza che ha dimezzato la pena per il carabiniere che nella notte tra il 4 e il 5 settembre 2014 sparò a Davide Bifolco.
 


«Si parla sempre di un posto di blocco e di un alt a cui i ragazzi non si fermarono, ma non è vero - afferma Giovanni Bifolco, padre di Davide - La gazzella dei carabinieri scambiò mio figlio per un latitante, lo inseguirono e lo speronarono. Uscendo dalla macchina il carabiniere ha aperto lo sportello e ha sparato direttamente». 
I genitori chiedono che sul caso sia fatta giustizia, denunciando un inquinamento delle prove.

«La notte che hanno ammazzato mio figlio è arrivata l’autoambulanza e la dottoressa ha riferito a un carabiniere che Davide era morto - racconta Flora Mussorofo, madre di Davide - Il carabiniere ha detto “Alzalo che ci rovini” e hanno spostato il corpo portandolo in ospedale. Hanno spostato il motorino e le loro macchine. Il maresciallo ha messo il bossolo in tasca davanti a me. Perché non devo essere creduta?».
Ulteriori punti oscuri sulla vicenda, secondo la famiglia, riguardano la maglietta di Davide e le impronte rinvenute sul motorino e sulla pistola.

«La maglietta bianca che indossava mio figlio non si è mai ritrovata, neanche nel dissequestro degli indumenti di mio figlio mi è stata data - dichiara Giovanni Bifolco - C’era il giubbotto, il pantaloncino, le scarpette, le mutandine e i calzini, ma questa maglietta bianca è un fantasma. Le impronte digitali rinvenute sul motorino e sulla pistola trovata a 60 metri dal luogo sono di uno dei carabinieri, lo stesso che ha chiesto di spostare il corpo e che ha messo in tasca il bossolo. Per me è lui l’artefice dell’inquinamento delle prove. Non ci facciamo prendere in giro dalla magistratura italiana, le indagini sono state condotte in modo superficiale. Non è possibile perdere un bambino di 16 anni senza un perché».

Solo pochi giorni dopo la sentenza, Tommaso, fratello maggiore di Davide, è stato stroncato da un infarto, secondo i familiari dovuto proprio al dolore per la terribile vicenda.  «Questo è il secondo figlio che lo Stato si è preso.
Tommaso nell’ultima settimana si è lasciato andare, non mangiava più. È morto con suo fratello».

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