Omicidio Bifolco: «Capoclan agevolò
scatti del corpo martoriato di Davide»

Omicidio Bifolco: «Capoclan agevolò scatti del corpo martoriato di Davide»
Mercoledì 1 Febbraio 2017, 20:26 - Ultimo agg. 2 Febbraio, 12:40
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Napoli. Il reggente del clan Puccinelli, Francesco Petrone, 40 anni, si sarebbe interessato per dare massimo risalto mediatico alle circostanze in cui rimase ucciso - da un colpo di pistola sparato accidentalmente da un carabiniere - Davide Bifolco, di quasi 17 anni, la notte tra il 4 e 5 settembre 2014 nel Rione Traiano. Il coinvolgimento di Petrone emergerebbe, secondo quanto rivelato da un collaboratore di giustizia, nella diffusione di alcune foto del corpo del ragazzo, scattate nell'istituto di medicina legale del II Policlinico, e rese pubbliche dalla famiglia qualche giorno dopo la tragedia.

La salma di Davide era stata sequestrata ed era a disposizione esclusivamente della magistratura. La famiglia di Davide Bifolco diffuse tre foto choc del ragazzo nelle quali era visibile un foro di proiettile, all'altezza del cuore, che la famiglia sosteneva fosse quello di uscita, circostanza poi smentita dalle analisi balistiche. Le immagini vennero postate sul profilo Facebook della sorella e si diffusero anche sulla Rete. L'identità dell'autore degli scatti è al momento ancora sconosciuta. Le dichiarazioni del pentito sono contenute nell'ordinanza di custodia cautelare eseguita ieri mattina dai carabinieri che hanno arrestato, nel Rione Traiano, 88 persone ritenute appartenenti al clan Puccinelli, nell'ambito di una maxi operazione antidroga.
  


Tra gli 88 arrestati figurano lo stesso Petrone, detto «'o nano», e anche Arturo Equabile, il giovane che i carabinieri stavano cercando la notte in cui Davide Bifolco morì. Per la morte di Davide - in sella a uno scooter guidato da un amico, che non si era fermato a un posto di blocco - il carabiniere Giovanni Macchiarolo è stato condannato in primo grado, per omicidio colposo, a 4 anni e 4 mesi, al termine di un processo con rito abbreviato: un anno in più rispetto alla pena richiesta dal pubblico ministero.

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