«Inferno a corso Lucci a Napoli, ho visto tre batterie di killer sparare»

Esplosi 80 proiettili, cinque arresti

La stesa alle Case Nuove
La stesa alle Case Nuove
di Leandro Del Gaudio
Giovedì 25 Gennaio 2024, 23:17 - Ultimo agg. 26 Gennaio, 16:40
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Di quel pomeriggio conserva ancora gli scontrini fiscali. Tre pezzi di carta, che nell’ottica di chi ha assistito a quell’inferno, rappresentano una traccia indelebile: «Ero in giro per negozi, ho pagato con la carta di credito e ho davanti a me la scansione degli orari: il primo alle 18.23 il secondo alle 18.39: 17 minuti in cui hanno sparato ininterrottamente colpi di pistola. Erano lì, davanti a me, davanti a noi, che avevamo paura». Parla a braccio, la giovane professionista napoletana. Vive in corso Arnaldo Lucci, a pochi passi dal luogo del far west di mercoledì 17 ottobre. È una delle poche persone che accetta di parlare di quel pomeriggio, anche se chiede anonimato. Ieri mattina, mostra la scansione degli acquisti (che riportiamo in pagina), per battere su un punto in particolare: «Non è stato un solo raid. Non c’è stata una sola fiammata di proiettili, ma almeno tre batterie di fuochi». Un inferno di piombo e polvere da sparo, con auto crivellate di colpi, due persone ferite e tanto silenzio. Crima surreale, con una scena di guerra che cuce la bocca a tutti (o quasi), tanto da spingere gli inquirenti a firmare una sorta di mossa a sorpresa.

È di questi giorni la decisione del pool anticamorra di ascoltare come persone informate dei fatti tutti i commercianti dell’area interessata dai colpi di pistola.

Negozianti, portinai, agenti di vigilanza, parcheggiatori abusivi, residenti, impiegati degli uffici in zona. È impossibile che nessuno abbia visto niente - emerge dalla richiesta di interrogatorio -, non è logicamente ammissibile. Ma torniamo al racconto della testimone ascoltata ieri da Il Mattino:

«Ripeto una frase che ormai sembra uno slogan nella città delle stese: pensavo fossero fuochi d’artificio, invece alla fine ho capito che si trattavano di colpi di pistola. La cosa che mi ha spaventato di più è la continuità di quegli spari. Guardi, ho gli screenshot degli acquisti effettuati in quei quindici o venti minuti. Ho avvertito gli spari alle mie spalle, quando sono entrata nel primo negozio, poi nel secondo e infine nel terzo negozio. Solo allora, il commerciante mi ha letteralmente spinta all’interno. E mi ha detto che era pericoloso, che dovevamo stare attenti, che potevamo essere a rischio. Solo allora ho capito che erano colpi di pistola». Ma ci sono due momenti che resteranno impressi nella vita della giovane donna sentita da Il Mattino: quella in cui si è trovata di fronte a uno dei killer; e quella delle donne, delle madri, delle persone atterrite all’interno di negozi e uffici in zona.

Spiega la donna: «È stato un attimo, me lo sono trovato di fronte. Era uno dei soggetti armati di pistola. Ricordo la lingua di fuoco divampata dalla pistola. Lui stava sul marciapiede, ho ancora il gelo nel cuore. Sa perché? Perché quel proiettile che gli ho visto sparare non era indirizzato in aria, ma la canna della pistola era ad altezza d’uomo. Era la prima volta che ho visto una pistola, come in un film». Non è finita. Dopo il carosello di colpi, tutti quelli che passavano in strada facevano la stessa cosa. Quale? «Erano tutti al telefono. Tutti. E ripetevano la stessa cosa, le stesse espressioni. Esattamente quelle che ho rivolto ai miei cari: dove sei? Che stai facendo? Non uscire di casa. Oppure: non tornare a casa, che qui è pericoloso».

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Inchiesta condotta dai pm Maria Sepe e Antonella Serio, al lavoro la Squadra Mobile del primo dirigente Alfredo Fabbrocini. Sono finiti in cella per armi in cinque, vale a dire Angelo Esposito, Gennaro Leone, Giuseppe Marigliano, Ovalle Jennssi Ortega, Antonio Sorrentino (difesi dai penalisti Giuseppe De Gregorio, Carlo Ercolino, Leopoldo Perone), mentre ci sono altri tre soggetti sotto inchiesta a piede libero. Ad essere feriti sono stati Giuseppe Nicola Moffa, 18enne ritenuto vicino al clan Contini, ma anche una pensionata colpita per caso.

Dopo essere stata raggiunta da un proiettile al ventre, si è trascinata in un negozio sanguinante, dove ha ricevuto i primi soccorsi. Nessuno è stato in grado di fornire informazioni sui killer, pochi elementi finora raccolti dagli inquirenti, nonostante le decine di persone che hanno assistito - da spettatori - al carosello di proittili. Spiega la testimone a Il Mattino: «Cosa ho fatto dopo? Sono andata a casa, sono rimasta chiusa in casa per un giorno e mezzo. Ho avuto paura. Di quell’incubo conservo gli scontrini fiscali, per dire a me stessa che quel pomeriggio non stavo sognando: era tutto vero».

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