Assalto ai bus a Napoli, i due teppisti: «È stata solo una bravata»

I due cecchini incensurati e legati a famiglie perbene

Uno dei bus colpiti con i proiettili di gomma
Uno dei bus colpiti con i proiettili di gomma
di Giuseppe Crimaldi
Giovedì 25 Gennaio 2024, 23:17 - Ultimo agg. 27 Gennaio, 13:21
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«Non volevamo fare tutto questo casino. Ci dispiace, chiediamo scusa: abbiamo fatto una cazzata. Noi volevamo solo divertirci». Alle 22,30 di mercoledì sera gli uffici della Squadra Mobile, al quarto piano della Questura, sono illuminate: in due separate stanze la polizia sta interrogando due uomini intercettati e fermati poco prima in via Salvator Rosa - zona Museo Nazionale - a bordo di una Fiat Panda scura la cui targa corrisponde a quella del veicolo intercettato dalle telecamere di videosorveglianza stradale dalla quale sono stati esplosi i colpi di una decina di raid contro gli autobus dell’Anm a Napoli.
Sono loro i responsabili, ammettono di aver messo a segno almeno dieci raid nella notte tra martedì e mercoledì. Per “divertimento”: senza calcolare non solo il danno economico portato all’azienda di mobilità cittadina (almeno 10mila euro per i danneggiamenti delle carrozzerie e dei vetri polverizzati dai piombini di una pistola ad aria compressa), ma anche i rischi legati a quel folle gesto, che avrebbe potuto causare feriti tra i passeggeri e gli autisti.

Si dirada così parte delle nebbie che avevano avvolto gli attacchi proditori contro i bus dell’Anm. Solo parzialmente, perché il conto finale degli assalti a colpi di pistola a piombini in varie parti della città è più alto e mette nel bilancio finale almeno 20 incursioni. Le indagini proseguono nella ricerca degli autori degli altri colpi.
Ma veniamo al momento della svolta investigativa. È la Polizia di Stato a chiudere il cerchio intorno ai due balordi.

Nel traffico serale di Salvator Rosa - arteria stradale che collega Vomero e Arenella con il centro storico - una Volante dell’Ufficio Prevenzione Generale in servizio incrocia la Fiat Panda color canna di fucile con targa polacca ricercata da ore. Sirena e paletta, gli agenti intimano l’alt e fa accostare il veicolo sul quale viaggiano due giovani, di 28 e 34 anni; subito identificati, si procede ad una perquisizione nell’abitacolo dell’utilitaria e si scopre, nascosta sotto il tappetino posteriore, una pistola “softair” (cioè ad aria compressa) munita di caricatore rifornito di tre pallini di sei millimetri.


Non è tutto: perché i poliziotti trovano anche un barattolo con circa 900 pallini di piombo dello stesso calibro, ben sette bombolette di anidride carbonica per consentire il funzionamento dell’arma, e poi anche uno sfollagente telescopico in acciaio e due proiettili a salve. A quel punto ci sono tutte le ragioni per svolgere anche una perquisizione personale, e così arriva un’altra sorpresa: il conducente dell’auto ha nel marsupio allacciato alla cintola dei pantaloni un coltello a farfalla.

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Ce n’è abbastanza per fermare la coppia e trasferirla in Questura. Ai giovani vengono contestati i reati di porto abusivo di oggetti atti ad offendere, danneggiamento e attentato alla sicurezza dei trasporti, in quanto ritenuti responsabili di oltre 10 episodi di danneggiamento ai danni di autobus e di un tram, per apparenti motivi goliardici.
I controlli confermano l’identità dei due: entrambi di Casoria, anche se uno risulta domiciliato da qualche mese a Forcella. Soltanto per uno negli archivi delle forze dell’ordine emerge un piccolo precedente, peraltro datato, per reati contro il patrimonio. Per il resto nulla: nessun collegamento con ambienti della criminalità organizzata, nessuna ombra riconducibile a galassie dei centri sociali o dell’anarchia. Anzi: le fonti investigative sottolineano come i due denunciati appartengono a famiglie perbene, di lavoratori onesti che con la legge non hanno mai avuto problemi.

I due denunciati sono tornati in libertà dopo il fermo in Questura.
Nel corso delle ultime ore gli accertamenti investigativi non si sono fermati. Visionati, innanzitutto, i telefoni cellulari dei due indagati: nelle memorie interne gli investigatori cercavano eventuali riscontri ad una pianificazione dei raid; passati al setaccio anche gli accessi ai social, per verificare se a scatenare la follia contro i mezzi pubblici dell’Anm potesse magari essere stata una “challenge”, una sfida tra teppisti. Ma niente. E dunque, almeno per il momento, la situazione sembra inquadrata e cristallizzata sulle dichiarazioni rese dai due in Questura. E cioè l’ipotesi che dietro i fatti ci sia stato solo uno stupido (e pericoloso) gioco. Una goliardata. 
Ma l’inchiesta sui raid contro i bus dell’Anm non può dirsi chiusa. Oltre alla polizia, al lavoro restano anche i carabinieri per identificare gli autori degli attacchi ad altri dieci bus, che si verificarono nelle ore immediatamente successive ai primi attacchi. D’altronde le contestazioni mosse ai due giovani di Casoria si riferiscono a dieci danneggiamenti, e questo significa che un’altra mano potrebbe avere agito negli altri casi.

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