Il gran ritorno di Giulierini al Mann: «Felice di essere di nuovo a Napoli»

Il gran ritorno di Giulierini al Mann: «Felice di essere di nuovo a Napoli»
di Rossella Grasso
Venerdì 23 Giugno 2017, 18:58 - Ultimo agg. 22:21
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Al Museo Archeologico Nazionale si celebra l’Europa con una mostra che unisce tutte le nazioni attraverso il lavoro di un solo personaggio: Johann Joachim Winkelmann, lo storico dell’arte tedesco del ‘700. A trecento anni dalla sua nascita il MANN gli dedica un’esposizione nel suggestivo salone della Meridiana dal titolo “Winckelmann e le raccolte del MANN. Monumenti antichi Inediti, 1767”. Paolo Giulierini, direttore del Museo, ha presentato la mostra. Per lui è quasi un secondo debutto, dopo la sospensiva del Consiglio di Stato relativa alla sentenza del Tar che aveva fatto decadere la sua nomina per qualche settimana. Alla presentazione il direttore ha esordito dicendo “È proprio un buon giorno anche per me». Prima di parlare della mostra ci ha tenuto a ringraziare uno per uno tutti i membri dello staff «che in mia assenza - ha detto - hanno portato avanti in modo eccellente tutto il grande lavoro che siamo facendo al MANN senza perdere tempo, nonostante si dovessero prendere importanti decisioni». Ci ha messo 15 minuti a leggere tutto l’elenco ma ci ha tenuto a sottolineare: «Scusate la lungaggine ma c’è bisogno che mi sfoghi un po’».
 
L’esposizione è realizzata in collaborazione con il m.a.x., il museo di Chiasso che corona la sua vis completamente europea. Le opere in mostra provengono da Francia, Italia, Svizzera, Germania e Inghilterra. È un percorso tra le antichità conservate al MANN descritte nell’immensa opera letteraria e artistica di Winckelmann pubblicata nel 1767, l’unica che il tedesco scrisse in italiano. Un' edizione molto innovativa per i tempi perché oltre alle descrizioni dell’archeologo ci sono le immagini di quanto descritto. Winckelmann fu il primo a comporre una sorta di libro di arte concepito nella forma contemporanea. «Commissionò a un miniaturista 50 incisioni di opere che lui aveva visto in giro per l’Europa – ha spiegato Nicoletta Ossanna Cavadini, direttrice del m.a.x. – Poi si fece prendere dall’entusiasmo e alla fine glie ne fece fare 208». Nel salone della Meridiana sono esposte alcune opere, accanto alla pagina del libro di Winckelmann con la relativa matrice di rame che lo stampatore adoperò per realizzare il libro.
 


Il pezzo forte dell’esposizione è il Cavallo Mazzocchi che troneggia all’ingresso della sala. Era conservato nei depositi del Museo e adesso, restaurato, è tornato nei piani alti. Winckelmann scrisse di averlo visto nel Museo durante uno dei suoi numerosi viaggi a Napoli nel 1762. La statua faceva parte di un gruppo scultoreo reperito ad Ercolano in mille pezzi. Si trattava di una quadriga: mettendo insieme i pezzi, nel 1758 ricostruirono un solo cavallo.        
La mostra è stata realizzata con la collaborazione del Goethe Institut di Napoli che ha contribuito alla realizzazione di 8 cortometraggi in cui si assiste al dialogo di Winckelmann con le opere del Museo. Tra gli interpreti anche Peppe Servillo: «In alcune incisioni non abbiamo potuto fare a meno di notare una certa somiglianza tra l’attore e l’archeologo. Una somiglianza impressionante», ha detto Maria Carmen Morese, direttrice del Goethe Institut di Napoli. Winckelmann con la sua opera ha omaggiato l’Italia e in particolare Napoli. Scrisse: «Di me dovrai dire che ho vissuto solo otto anni». Quelli in cui potè osservare le meraviglie nostrane di cui potè dire «le ho viste solo io».
 

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