Napoli. Santa Chiara, al via i restauri delle tombe imbrattate | Fotogallery

Napoli. Santa Chiara, al via i restauri delle tombe imbrattate | Fotogallery
di Marco Perillo
Domenica 14 Agosto 2016, 19:42 - Ultimo agg. 20:34
5 Minuti di Lettura

Napoli. Sculture di nobili cavalieri dell'ordine del Nodo oltraggiate dalle scritte di vandali e d'innamorati dagli anni Sessanta a oggi. Trecenteschi sepolcri di illustri famiglie del medioevo offesi da iscrizioni e da graffiti realizzati da chiunque nel corso degli anni, lì nelle cappelle laterali della basilica di Santa Chiara, monumento-simbolo di Napoli, affollato di fedeli e turisti. Un'abitudine in cui il senso civico va a farsi benedire, difficilmente contrastata nel tempo, come denunciato ultimamente dal Mattino. Ma adesso qualcosa è cambiato e grazie all'iniziativa dei Frati Minori sono finalmente partiti gli interventi di restauro dei monumenti funebri nella chiesa angioina, concordati con la Soprintendenza Belle Arti e Paesaggio di Napoli.

Artefice dei lavori di restauro Padre Agostino Esposito che ha spiegato: «La cittadella monastica di Santa Chiara si estende per oltre 32 000 mq ed è particolarmente gravoso presidiare tutti gli spazi fruiti. Siamo sicuri che l’aver avviato la bonifica ed il restauro dei monumenti deturpati, insieme ad un controllo maggiore da parte di tutte le istituzioni, che continuiamo ad invocare con forza, innescherà un processo virtuoso di valorizzazione e difesa del nostro patrimonio artistico. Ci aspettiamo, prosegue padre Agostino, che il Comune di Napoli tramite la polizia municipale e le altre Forze dell’Ordine possano sostenere l’opera di controllo interna ed esterna alla basilica con presidi fissi e l’installazione di un sistema di videosorveglianza».
 

 

Grande la soddisfazione del Fec napoletano, espressa dalla dottoressa Desiree Dovidio, e della Soprintendenza di Napoli nella persona dello Storico dell’Arte Roberto Middione, funzionario responsabile per i beni artistici del monumento. Il restauro è in corso da parte della Società O.C.R.A. restauri srl formata da un gruppo di giovani restauratori partenopei e dovrebbe concludersi entro il prossimo 30 Settembre. L’iniziativa si attua nel solco dell’Art Bonus, un sistema di promozione fiscale indirizzato a tutti coloro che investono in beni culturali e grazie alla redazione di un progetto organico per il restauro dell’intero Monastero. L’ingegner Marco Esposito, responsabile dell’ufficio tecnico dei Frati Minori ha annunciato che nei prossimi giorni, di concerto con il Fec e con la Soprintendenza di Napoli sarà inserito nella procedura Art Bonus l’intero progetto dedicato al monumento tra i più celebri della città, suddiviso in lotti autonomi d’intervento tra cui “il restauro del basamento deturpato dai graffiti della basilica”, l’ampliamento del museo dell’Opera di Santa Chiara con la sistemazione dell’area archeologica, un “oratorio-laboratorio per i giovani del quartiere”.

I sarcofagi restaurati dalla O.C.R.A. sono opere giunte «miracolosamente» a noi oggi grazie all’incredibile lavoro di ritrovamento, ricomposizione e restauro avvenuto nell’immediato dopoguerra in seguito al bombardamento alleato del 1943 che ridusse la chiesa di Santa Chiara, con tutto il suo ricchissimo apparato decorativo interno barocco, ad un ammasso di macerie segnando indelebilmente il cuore e l’animo dei napoletani. La chiesa bruciò per giorni. Quei lavori, terminati nel 1953, ci hanno restituito la chiesa nella sua veste medievale, anche se non bisogna pensare che Re Roberto d’Angiò la volesse così disadorna: infatti già nel suo impianto gotico, la chiesa era ricchissima di decorazioni che rivestivano le pareti e gli archi. Oggi possiamo farci un’idea piuttosto vaga di come doveva essere in origine la basilica di Santa Chiara interamente decorata, grazie ai pochissimi nonchè piccoli frammenti conservati, tra cui quello di un affresco che rappresenta una Madonna con Bambino alla fine della navata, sul muro di destra, all’incrocio con il presbiterio, e frammenti di decorazione sparsi qua e là su archi, basamenti e sguanci delle finestre.

È dunque
«miracoloso» che oggi possiamo ammirare i monumenti funebri di personaggi illustri vicini ai re angioini, le cui famiglie potenti ottennero una più che degna sepoltura nelle cappelle laterali della chiesa della famiglia reale.
I restauri appena conclusi hanno restituito al pubblico la fruizione estetica di opere in marmo che negli ultimi sessant’anni hanno subito la mano vandalica di improvvisati writers che rivolgevano alle statue di nobildonne e cavalieri, scambiandoli per santi, preghiere e chiedevano favori scrivendoli, appunto, sul marmo candido, come se si fosse trattato di post-it. Prima delle operazioni di pulitura i nove sarcofagi medievali erano letteralmente ricoperti di richieste e suppliche. Per fortuna lo strato di protettivo applicato negli anni ’50 ha svolto la sua funzione ed ha permesso che gli inchiostri e colori acrilici usati dai supplicanti non penetrassero troppo in profondità nel marmo, permettendo ai lavori di restauro di raggiungere ottimi risultati. Le operazioni di pulitura ci hanno restituito dei marmi che, portando gli evidenti segni dell’incendio del 1943, acquisiscono enorme rispetto ai nostri occhi: sono i segni della devastazione che solo la guerra può portare e tuttavia non soccomberono; oggi possiamo ammirarli nel loro splendido aspetto, al quale hanno contribuito in maniera determinante alcune ricostruzioni di parti di volti realizzate da mastri scalpellini durante i restauri del dopoguerra, monumenti funebri come quello di Raimondo e di Perrotto Cabanis; oppure la meravigliosa lastra del momumento funebre ad Antonio Penna realizzata da Antonio Baboccio da Piperno: nonostante sia un’opera sulla quale l’azione del fuoco non si sia risparmiata, possiamo ancora ammirare la maestria dello scultore nelle figure da lui create.

© RIPRODUZIONE RISERVATA