Daniela Di Maggio ha stretto tra le mani la grande foto di Giogiò fino a pochi istanti prima dell’udienza. Al suo fianco l’ex compagno, gli amici, i colleghi d’orchestra e il prof di musica del 24enne napoletano, tutti riuniti nel sit-in davanti al Tribunale dei minori. Sotto gli occhiali scuri, indossati insieme a orecchini e una spilla a forma di note musicali, gli occhi della mamma coraggio hanno brillato accompagnando il suo sorriso e due parole «Grazie giustizia».
Che valore ha la condanna inflitta al killer di Giogiò?
«Venti anni di carcere è la massima pena per i minori. È quello che insieme ai miei familiari e a tutta la Napoli buona, abbiamo invocato dal primo momento.
Crede che questa sentenza possa far cambiare qualcosa?
«Il valore della condanna non riguarda solo la mia famiglia e mio figlio ma tutte le vittime innocenti della criminalità che ci sono state e quelle che potrebbero e non devono più esserci. Mi aspetto che i minorenni che uscivano in strada armati di coltelli, tirapugni e armi pronti a uccidere i figli di persone perbene perché potevano restare impuniti, ora si rendano conto che 20 anni in carcere sono una vita. Chiamo “rivoluzione Giogiò” il cambiamento che riguarda tutti. Per questo mi sono incontrata con il papà di Annalisa Durante, ho manifestato più volte la mia vicinanza alla mamma di Francesco Pio Maimone e continuerò a lottare anche per gli altri».
Crede nella riabilitazione per i minori che delinquono?
«Io sono una riabilitatrice. Dieci anni fa, a Torre del Greco, abbiamo riabilitato il figlio di un killer che viveva in un basso. Gli abbiamo dato una casa al terzo piano di una palazzina che hanno abbandonato sostenendo che ci fosse troppa luce. Voglio dire che vanno fatte delle distinzioni. C’è urgenza di intercettare i balordi che fin da bambini prendono strade sbagliate, agendo con azioni preventive e riabilitative ma chi ha commesso un errore va punito. È il momento di smetterla con l’eccessivo garantismo. Qui non si tratta di vendetta ma di giustizia. Un crimine efferato, volontario e senza motivo come quello di mio figlio va condannato con il massimo della pena. Il suo killer ha il seme della violenza, pluripregiudicato e figlio di pregiudicati».
La sua esposizione è stata importante per questo risultato?
«Io ormai non vivo più. Ora combatto per mia figlia Lulù e tutti i giovani che devono poter avere speranza nel futuro e non temere di morire per difendere un amico come è successo a mio figlio. Di sicuro è servito condividere il messaggio di chi fosse mio figlio e questo l’ho fatto insieme al mio ex compagno e a tutte le persone della Napoli buona. Prima dell’udienza, ho fatto un appello al giudice chiedendogli di empatizzare con il mio vissuto e di immaginare se tutto questo fosse accaduto a suo figlio. La realtà è che qualsiasi ragazzo, al posto di mio figlio, avrebbe difeso l’amico ignaro che un ragazzino potesse avere un’arma e usarla. L’arma di mio figlio era il corno e non poteva immaginare di trovare la morte dopo un’uscita con gli amici, questo non si può accettare. La condanna inflitta al killer di mio figlio è un segnale di giustizia per tutti i giovani».
Cosa farà ora?
«Continuerò a portare il seme della legalità nelle scuole e a condividere il messaggio di Giogiò soprattutto con i giovani. Giovanbattista Cutolo è il vero influencer che può essere preso d’esempio dalle nuove generazioni. Ora che è stato fatto un passo in avanti per proteggere il futuro delle persone perbene, non bisogna fermarsi».