È Mario Draghi, secondo Carlo Calenda, l'unica persona che «bisogna tenere a fare il presidente del Consiglio». Oppure, in alternativa, qualora Draghi non dovesse essere disponibile, «mi candiderei io», ha detto il leader di Azione che, insieme a Più Europa, ha lanciato il Patto Repubblicano: la premessa di una coalizione che apra anche ad alcuni big usciti da FI e si proponga alle prossime politiche in continuità l'agenda del premier uscente. Ieri la Gelmini ha rotto gli indugi, dicendo chiaramente che potrebbe approdare nel movimento di Calenda, con cui è in corso un confronto politico. Il ministro degli Affari regionali, raccontano, sarebbe pronta a dedicarsi a un nuovo progetto politico con Carfagna e attende segnali da lei. Che fino ad oggi non erano arrivati.
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Verso le elezioni
Il nodo da sciogliere è sulla strategia da seguire per presentarsi alle elezioni. «Non faremo coalizioni politiche con programmi e leadership comuni con tutto il centrosinistra. Cosa che la legge elettorale non prevede. Stiamo valutando l'opzione di andare indipendenti dai poli e quella di fare accordo per salvare uninominali mantenendo la nostra leadership e il nostra programma», ha scritto sul suo profilo Twitter Calenda. «Noi non andiamo avanti né a scossoni né a strattoni, mettiamo prima di tutto il programma.
Eppure, Calenda si avvicina anche a Matteo Renzi con cui avrebbe avuto a sorpresa un faccia a faccia: fatta eccezione per i 5 stelle e i «sovranisti che hanno fatto cadere» l'esecutivo, non è ora di mettere paletti: «Siamo disponibili a discutere con tutti», anche se ci sono le differenze, afferma rispondendo indirettamente al leader di Iv che aveva definito Azione una forza politica vicina con cui «stare assieme».
Alleanze e strategie
Per capire che il progetto del Patto Repubblicano si collocherebbe nell'area del centrosinistra, basta incrociare aperture e veti. «Da 24 ore è iniziata la prima interlocuzione col Pd che in questi anni ha preferito altri interlocutori, il M5s e l'estrema sinistra, ad esempio», spiega la senatrice di Più Europa Emma Bonino. Per il resto, i paletti sono chiari: no «a chi ha fatto cadere Draghi», dunque M5s, Lega e FI. Luigi Di Maio? «Non so di chi lei stia parlando», aveva tagliato corto Calenda. La replica del leader di Insieme per il futuro non si fa attendere: «Le coalizioni sono fondamentali per stare uniti contro gli estremismi. Essere uniti, fra coloro che hanno provato a salvare il governo di unità nazionale, è un valore». Il puzzle delle alleanze da tessere all'ombra della premiership di Draghi è ancora tutto da costruire.
Per essere chiari: @Azione_it e @Piu_Europa hanno avviato discussioni con tutti i partiti e le personalità politiche che non hanno fatto cadere Draghi. Lo stiamo facendo sulla base di un’agenda presentata (e fino ad ora siamo stati l’unico partito a parlare di contenuti).
— Carlo Calenda (@CarloCalenda) July 26, 2022
Il ministro degli Esteri starebbe lavorando ad una lista autonoma, sempre nell'ambito del centrosinistra, che metta insieme da Bruno Tabacci a Federico Pizzarotti, fino a Beppe Sala. Più difficile lo scenario di una sua candidatura nel listone 'democratici e progressistì lanciato dal Nazareno, in cui dovrebbero finire, invece, Roberto Speranza (Articolo 1) e Enzo Maraio (Psi). Dal centrodestra Giovanni Toti mischia le carte, definendo «il programma di Carlo Calenda per molti aspetti condivisibile». Il dubbio che solleva, subito dopo, è sostanziale: «Non so quanti lo condivideranno nella coalizione di Letta...e quanti invece nella coalizione di centrodestra sarebbero pronti a sposarlo».