«Non avremmo mai pensato che fosse lui, che quel cliente fosse il responsabile dell’omicidio di quella donna, siamo rimasti allibiti e sbigottiti». Angelo Della Manna è il titolare dell’armeria dove Costantino Bonaiuti ha acquistato, nell’ottobre di qualche anno fa, la Glock semiautomatica calibro 45 sequestrata poi dalla polizia nella sua abitazione venerdì notte e ritenuta l’arma del delitto. Con quella pistola ha ucciso l’avvocatessa civilista 35enne Martina Scialdone, con cui aveva avuto una relazione poi finita per volontà della donna. Ed Angelo ricorda come proprio Bonaiuti fosse entrato nel suo negozio lo scorso dicembre con una richiesta chiara: «Voglio togliermi tutto, voglio smettere». L’ingegnere dell’Enav 61enne, dalla fedina penale immacolata, voleva disfarsi di tutte le pistole e pure fucili che possedeva in casa in ragione di quel porto d’armi per uso sportivo che aveva ottenuto nel marzo 2012. Da dietro il bancone Angelo ricorda quel giorno: «Non lo vedevo da prima della pandemia, era sempre stato un cliente normale e le assicuro che in 14 anni di attività di soggetti strani, che abbiamo anche segnalato, ce ne sono stati diversi».
Martina Scialdone, l'ex Costantino Bonaiuti fingeva di avere un tumore per ricucire con lei
«UN TIPO COMUNE»
Ma lui no, lui sembrava una persona «normale» e «comune», per quanto circostanziabili e indiscutibili possano essere i due aggettivi. «Sarebbe stato davvero l’ultimo della lista di coloro che, da una semplice impressione, avremmo ritenuto potenzialmente responsabili per ciò che è successo.
LA SUA “COLLEZIONE”
Nel suo appartamento, in quel comprensorio di Fidene con parco e piscina, che dista pochi metri dal bar della “mattanza” firmata da Claudio Campiti lo scorso dicembre, la polizia ha sequestrato sia la presunta arma del delitto sia «un quantitativo rilevante di armi e munizionamento di diverso calibro», si legge nell’ordinanza con cui il gip, Simona Calegari, ha convalidato l’arresto. Solo una parte tuttavia di quello che Bonaiuti aveva messo insieme nell’ultimo decennio. Dopo il primo rilascio per il porto d’armi nel 2012, sei anni più tardi, l’ingegnere dell’Enav ottenne il primo rinnovo, poi il tempo è sceso a cinque anni e dunque avrebbe dovuto rinnovare l’idoneità il prossimo maggio. Perché nessuno gliel’ha ritirato pur essendo lui affetto da depressione, come ha spiegato l’avvocato che lo assiste? Perché Bonaiuti non aveva presentato alcun certificato spontaneamente e in assenza di controllo - formalmente non dovuto - non si è posto il problema. Tornando alle armi e alla sua volontà di “smettere”, già nei primi giorni dello scorso dicembre aveva ceduto una pistola ed una carabina ad un uomo residente in Molise. «Non esci da casa con un’arma carica - conclude Angelo Della Manna - se hai un porto d’armi per uso sportivo. Se quello era l’intento pur avendo dato via qualche pistola ne avrebbe usata un’altra come è accaduto». Non per nulla a Bonaiuti, accusato di omicidio volontario, è stata contestata la premeditazione.