E' morta la donna picchiata nel metro
I medici staccano la spina

Maricica Hahaianu
Maricica Hahaianu
Venerdì 15 Ottobre 2010, 10:10 - Ultimo agg. 22 Ottobre, 01:04
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ROMA (15 ottobre) - morta Maricica Hahaianu, l'infermiera romena di 32 anni colpita con un pugno venerd scorso al termine di una colluttazione alla stazione della metropolitana Anagnina, a Roma. Per Alessio Burtone, il giovane di 20 anni autore dell'aggressione, ora si profila un'accusa più grave: quella di omicidio preterintenzionale.



«È stato ufficializzato il decesso, dopo le 6 ore canoniche perché l'encefalogramma era ancora piatto. Ora hanno staccato la spina. Abbiamo firmato con i parenti, il decesso alle 15», ha detto l'avvocato di Maricica, Alessandro Di Giovanni, all'ospedale Policlinico Casilino, insieme al marito Adrian e al fratello Giovanni.



La donna si trovava ricoverata in rianimazione da venerdì scorso. Il pugno con il quale la donna è crollata a terra esattamente una settimana fa gli è stato fatale.



La procura di Roma intanto ieri ha presentato ricorso al tribunale del riesame per chiedere l'emissione della custodia cautelare in carcere per Burtone. Dal canto suo il sindaco di Roma, Gianni Alemanno, che si è recato in visita al policlinico Casilino ha chiesto «al procuratore che questo assassino venga portato in carcere e non agli arresti domiciliari».



Il sindaco è tornato a parlare anche del video che riprende gli attimi della colluttazione culminata con il pugno in pieno volto sferrato da Burtone. In merito alle polemiche sul mancato intervento dei passanti Alemanno ha dichiarato che «guardando bene il video si tratta di due o tre persone che possono anche essere cadute in un equivoco perché vedevano solamente una persona a terra e non avevano visto la colluttazione. Adesso spetta agli inquirenti valutare se c'è stata un'omissione di soccorso. Dopo un minuto comunque le persone si sono raccolte. Poi c'è l'atteggiamento di questo sottufficiale di Marina - ha proseguito Alemanno - che è stato veramente encomiabile. Mi auguro che gli vengano dati tutti i riconoscimenti che merita dopo il suo atteggiamento».



Adrian, il marito della donna, era rimasto in attesa tutto il giorno nella sprazna di un miracolo, anche se fin dalle prime ore della mattina, dal consueto bollettino medico, era chiaro che le condizioni della donna erano oramai compromesse. Il marito, accompagnato anche dal suo avvocato, si è intrattenuto a parlare per alcuni minuti con il sindaco e con l'ambasciatore romeno. «È consapevole che non c'è nessun risentimento di tipo razziale o di intolleranza - ha riferito il sindaco ai cronisti -. C'è solo risentimento verso un pazzo che ha fatto questo gesto».



Intanto gli amici di Burtone, ragazzi del quartiere Cinecittà, si dicono convinti che Alessio «non l'abbia fatto apposta». «Non è un assassino, lui e la sua famiglia sono brave persone», raccontano. Quando nel pomeriggio i carabinieri sono arrivati nella sua abitazione per il consueto controllo tra molti serpeggiava il timore che potessero portarlo via. «L'ho visto nascere - dice dispiaciuta un'anziana signora del suo palazzo - spero non lo portino in carcere, è un ragazzino, non se lo merita». Poi, mentre la famiglia si è chiusa nel silenzio attorno ad Alessio, il suo difensore dice che il giovane «non sta bene, non tanto per la paura del carcere, ma per i rimorsi. Gli è crollata addosso una cosa più grande di lui».


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