Paolo non aveva ancora 40 anni, Barbara quasi 46. Una coppia «affiatata» per chi li aveva incontrati, «persone normali». Una normalità che doveva aver smesso d'essere tale quando era mancato il lavoro. Prima lei, poi lui. Mandare avanti una famiglia, dove c'era anche la figlia adolescente che Barbara aveva avuto da una unione precedente, deve essere diventato ogni giorno più difficile.
Ai problemi si è unita una ovvia depressione. Così un anno fa erano andati dal sindaco del loro paese, Guastalla, nel Reggiano. Per chiedere una mano a trovare un lavoro. Il sindaco, Camilla Verona li ha ricevuti, ascoltati. Ha capito che non c'erano problemi di disagio tali da farli seguire dai servizi sociali. Serviva solo un lavoro per lui. Lei l'aveva perso come lui, «ma adesso cercavano lavoro prevalentemente per lui. Li indirizzai al centro per l'impiego, consigliai anche di sentire i nostri servizi, che hanno una rete» racconta oggi il sindaco, chiaramente provata. Poi, per tutti questi mesi, la coppia non ha più chiesto aiuto. E visto che lui aveva delle competenze professionali («informatiche, se mi ricordo bene») il sindaco aveva ritenuto possibile, forse anche sperato, che i problemi si fossero risolti.
Ma questa mattina Barbara e Paolo hanno attraversato il Po, si sono allontanati 15 chilometri da casa, e si sono chiusi nella loro auto per morire. Sono stati i famigliari ad avvertire i carabinieri del fatto che erano spartiti da casa. C'erano dei biglietti che lasciavano presagire l'intenzione di compiere un gesto estremo. Biglietti con riferimento a problemi di salute ed economici. Sono scattate le ricerche anche col controllo delle celle dei cellulari.
Li hanno trovati morti nel cortile di una corte nel centro di Viadana.
L'auto era chiusa dall'interno e sui corpi non c'erano segni di violenza o costrizione. Questo fa propendere per un duplice suicidio volontario, anche se i carabinieri hanno comunque sentito le persone che erano vicine alla coppia per chiarire ogni dettaglio.