Ormai la polemica non si arresta più. La presenza di Vladimir Zelensky in collegamento con Sanremo in occasione del prossimo Festival di Amadeus continua a scatenare commenti tra politici, uomini di spettacolo, star, giornalisti. «Speriamo che Sanremo rimanga il festival della canzone italiana e non altro», ha detto tra i primi il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Matteo Salvini: «Avranno fatto le loro valutazioni, quello che spero è che la guerra finisca il prima possibile e che il palcoscenico della città dei fiori rimanga riservato alla musica». Prima di lui un gruppo nutrito di intellettuali si è mobilitato e in attesa di scendere in piazza proprio a
Sanremo sabato 11 (serata finale del Festival), ha firmato un manifesto di protesta.
Le polemiche
«Abbiamo appreso con incredulità che interverrà Vladimir Zelenskij, capo di Stato di uno dei due paesi che oggi combattono la sanguinosa guerra del Donbass. Una guerra terribile», scrivono nel documento firmato da Franco Cardini a Carlo Freccero, da Joseph Halevi a Moni Ovadia , da Paolo Cappellini ad Alessandro Di Battista.
«La mia generazione - ha spiega da parte sua Carlo Freccero - è cresciuta col tabù del nucleare. Oggi Zelensky ci presenta la guerra con la leggerezza di un musical tra canzoni e siparietti di costume. Indipendentemente da come la pensiamo, bisogna riacquistare il senso della realtà e del pericolo. Non siamo in un film. Ci sono e ci saranno morti reali e vittime reali. La società dello spettacolo non era mai arrivata a tanto. Questo il motivo per cui ho firmato il documento», conclude. Tra i firmatari anche l’opinionista ed ex 5 Stelle Alessandro Di Battista che ha giudicato una «ridicola buffonata» la partecipazione del presidente ucraino alla serata conclusiva del festival di Sanremo. Il reporter ha firmato la petizione condivisa dal gruppo di intellettuali.
Zelensky a Sanremo? «Sono cose che personalmente fatico a capire. Capisco l’attenzione però mi sembra anche un pò la spettacolarizzazione di un qualcosa. Non lo so, quando poi è venuto cosa cambia?» Così a Un Giorno da Pecora, su Rai Radio1, lo scrittore e conduttore Fabio Volo si è espresso sul caso. Forse lo scopo della sua presenza è sensibilizzare maggiormente sul conflitto all’interno di un contesto di grande seguito come il Festival. «Ma mi sembra che l’Italia non sia nel dubbio, quel che deve fare lo sta facendo, non è che uno fa una donazione dopo aver visto Zelensky a Sanremo ad esempio. Non capisco bene questa cosa - ha aggiunto a Un Giorno da Pecora Volo - ma siccome ognuno fa il suo mestiere, se lo hanno chiamato avranno avuto i loro motivi, sapranno cose che io non capisco».
Da parte sua, Antonio Calenda ha twittato: «Ci sono pochi dubbi sulla nostra linea di sostegno all’Ucraina. Ritengo tuttavia un errore combinare un evento musicale con il messaggio del Presidente di un paese in guerra».
Itanto, l’Associazione Utenti dei Servizi Radiotelevisivi ha presentato una formale diffida ai vertici della rete e alla Commissione di Vigilanza Rai, chiedendo di escludere la partecipazione di Zelensky a Sanremo e di prevedere, nel corso del festival, un minuto di silenzio per le vittime della guerra in Ucraina. In occasione della kermesse canora, l’Associazione fa sapere inoltre che realizzerà un programma radiofonico intitolato "Ridateci Sanremo", durante il quale interverranno personaggi famosi ed esperti a commentare le varie serate del festival e si darà spazio alla voce del pubblico con i legali che risponderanno ai dubbi dei telespettatori specie in tema di televoto.