Pollica, omicidio Vassallo: dopo tredici anni ancora silenzio, l'inchiesta resta aperta

Pollica ricorda il sindaco pescatore Angelo Vassallo a tredici anni dalla sua morte

Il sindaco pescatore Angelo Vassallo
Il sindaco pescatore Angelo Vassallo
di Petronilla Carillo
Martedì 5 Settembre 2023, 06:40 - Ultimo agg. 14:04
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Tredici anni dopo Pollica si sveglia nel silenzio. Quello di una inchiesta che al momento, ufficialmente, sembrerebbe ferma ma che, di fatto, potrebbe arrivare ad una svolta entro la fine dell’anno. Ne è sicuro Dario Vassallo, il fratello del sindaco pescatore Angelo trucidato da colpi di pistola nelle prime ore del 5 settembre 2010 dalla mano, credono gli inquirenti, di qualcuno che conosceva.

Per questo, probabilmente, si era fermato sulla strada ciottolosa che lo stava riportando a casa. Quella secondaria, che lui preferiva perché temeva che qualcuno gli volesse fare del male. Così, per confondere i suoi nemici sul suo tragitto dal porto di Acciaroli verso casa. E probabilmente si è fermato proprio per parlare con il suo assassino. Tredici anni di «errori» investigativi, un doppio passaggio di competenza del fascicolo(da Vallo della Lucania a Salerno, una breve parentesi a Napoli, poi il ritorno a Salerno) ed interminabili piste che portano tutte nella stessa direzione: dietro l’omicidio di Angelo Vassallo vi sarebbe un movente legato alla droga.

A luglio dello scorso anno le perquisizioni e l’iscrizione sul registro degli indagati di nove persone, tra questi tre carabinieri, uno dei quali ufficiale dell’Arma: Fabio Cagnazzo.

Da allora la procura di Salerno esamina le perizie sui cellulari e sui dispositivi elettronici degli indagati ai quali, ad oggi, nessuno ha ancora dato risposte sulla loro posizione giudiziaria.

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Si tratta, ricordiamo, del colonnello dell’Arma dei carabinieri Fabio Cagnazzo, del suo «attendente» Luigi Molaro e di Lazzaro Cioffi (difeso dall’avvocato Saverio Campana) già arrestato per collusioni con il clan che gestisce il traffico di droga al Parco Verde di Caivano, in provincia di Napoli. Quindi di Giuseppe Cipriano (difeso dall’avvocato Giovanni Annunziata) imprenditore di Scafati che ad Acciaroli in quegli anni gestiva il cinema ma che è ritenuto dalla Dda di Salerno il trait d’union tra i Ridosso, il boss Romolo e il figlio Salvatore (difesi dall’avvocato Pierluigi Spadafora), ed i fratelli Domenico, Giovanni e Federico Palladino (difesi dall’avvocato Agostino De Caro) imprenditori di Pollica e proprietari di diverse strutture alberghiere, b&b e locali sul territorio. Di omicidio e depistaggio sono accusati soltanto i tre carabinieri, per gli altri l’accusa è di associazione per spaccio di droga. 


LA COMMISSIONE
Carte secretate e bocche cucite sull’inchiesta sull’omicidio di Pollica anche se, qualche elemento in più, sarebbe emerso dalla relazione della Commissione parlamentare d’inchiesta sulle mafie che ha sollevato una serie di importanti interrogativi. «Secondo le risultanze degli accertamenti tecnici - si legge nella relazione - l’esecutore materiale avrebbe sparato in piedi o dal sellino di un motorino, mentre il sindaco aveva il finestrino abbassato, a circa 40-50 centimetri di distanza dalla vittima. La forte pendenza della strada rapportata alla precisione dei colpi di pistola porterebbe, in realtà, a dubitare sull’uso di un motorino da parte dell’esecutore materiale dell’omicidio che, per quanto esperto e pur considerando che la Tanfoglio baby non è un’arma pesante, avrebbe avuto bisogno di una certa stabilità, difficile da garantire ove si fosse trovato alla guida di un motociclo impiegato in quelle concitate circostanze». L’altro interrogativo riguarda la crociata di Vassallo contro la droga e le speculazioni edilizie, legate anche a vicissitudini familiari. Nel corso delle audizioni, difatti è stato appurato - si legge sempre nella relazione - «come il sindaco Vassallo si fosse lamentato più volte con la locale stazione dei carabinieri chiedendo interventi risolutivi per il diffondersi del commercio e del consumo degli stupefacenti nella zona e come, forse, la sua attenzione a tale problema fosse accentuata dalla circostanza che il fidanzato dell’epoca della figlia Giusy, Francesco Avallone, era coinvolto in tali attività illecite. La circostanza all’epoca non era nota, sebbene i familiari e conoscenti di Angelo Vassallo, intervistati, avessero riferito come tra Avallone ed il sindaco non corressero buoni rapporti anche se il primo, proprio per volere di Angelo Vassallo,che tentava in vario modo di integrarlo nella famiglia, lavorava nell’enoteca familiare». Proprio la conoscenza di Avallone con Bruno Damiani detto «o brasiliano» avrebbe indotto il tenente colonnello Fabio Cagnazzo, benchè fuori territorio e senza alcuna delega alle indagini, ad indicare il giovane tra i possibili mandanti del delitto. Di qui il depistaggio, secondo le carte dell’inchiesta per difendere i suoi amici Palladino che, carte alla mano, sono accusati proprio di fare parte dell’affare droga nel Cilento. 

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