Delitto di Avellino, i fidanzati assassini e i dubbi sulle famiglie: favoreggiamento?

Delitto di Avellino, i fidanzati assassini e i dubbi sulle famiglie: favoreggiamento?
Confermate le accuse e convalidati gli arresti di Elena Gioia e Giovanni Limata (18 e 22 anni) i due fidanzatini che hanno ucciso il padre di lei.  ...

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Confermate le accuse e convalidati gli arresti di Elena Gioia e Giovanni Limata (18 e 22 anni) i due fidanzatini che hanno ucciso il padre di lei. 

Nel pomeriggio di ieri l’autopsia all’ospedale di Avellino sul corpo della vittima. Il medico legale ha colto ulteriori elementi dalle ferite: ben 14 fendenti, anche sulle caviglie oltre che al torace e alle braccia. Confermata la violenza dell’aggressione, la lesione di un polmone, ha portato nel giro di un’ora l’uomo alla morte. I due, arrivati con il cellulare in tribunale, sono rimasti impassibili, non si sono scambiati sguardi. Non hanno parlato, se non per pochi attimi con gli avvocati. Un mutismo inquietante. 

La procura di Avellino ora si concentra sull’ipotesi di favoreggiamento, in relazione al ruolo di altri coinvolti nella vicenda. In particolare sono i genitori dei due ragazzi che finiscono sotto i riflettori. I loro comportamenti appaiono tutti da vagliare. Come non è chiaro se il giovane fosse in compagnia di una persona che lo accompagnava in auto nel tragitto da e verso Cervinara, dato che non ha la patente. E poi, cosa è accaduto in casa Gioia nelle ore successive all’omicidio di Aldo, il capofamiglia di 53 anni accoltellato mentre era appisolato sul divano? Cosa è avvenuto a Cervinara dai Limata quando è entrato in casa Giovanni, con gli abiti macchiati di sangue e il coltello dell’omicidio tra le mani? 

Elena e Giovanni, arrivati ieri mattina in tribunale dal carcere di Avellino dove sono detenuti, hanno deciso di non rispondere alle domande del magistrato. Sono rimasti muti. E dal giudice dell’udienza di convalida degli arresti, Paolo Cassano, è arrivata la conferma delle accuse formulate dal pubblico ministero Vincenzo Russo, titolare dell’inchiesta: omicidio con le aggravanti della premeditazione contro un familiare. Tre pagine in cui è racchiuso il dramma di due famiglie, e di due giovani, Giovanni Limata, 22 anni di Cervinara e Elena Gioia, 18 anni di Avellino che venerdì notte hanno ucciso il padre della ragazza che ne osteggiava il rapporto. 

«Sali sopra» scriveva Elena su whatsapp al fidanzatino, qualche minuto prima dell’irruzione in casa di Giovanni. Lei intanto, va a prenderlo al portone, insieme salgono al quinto piano. E lui impugnando il coltello Cobra, quello del personaggio di Stallone, si lancia sull’uomo inerme appisolato. I fendenti, le urla, il sangue, la fuga del giovane. Qui entra in scena Liana Ferraiolo, la madre di Elena. Una donna che fa l’imprenditrice abituata a tenere sotto controllo le emozioni. Non crede alle parole della figlia che confusamente parla di una rapina che era finita male. Ma è una madre. C’è la chiamata alla questura, quindi una notte nella quale la donna si stringe con tutta se stessa alla figlia. Durante l’interrogatorio pressante la sostiene, il magistrato consente alle due donne di stare insieme le fa interagire. La raccolta degli elementi di prova e straziante, complessa, ma allo stesso tempo è svolta con delicatezza. La madre comprende che la figlia ha compiuto un gesto drammatico e folle, ma prova a dare una risposta ad ogni incongruenza come ogni madre farebbe: Elena è stata spinta dall’esterno a quei comportamenti. Eliana ne è sicura, è stato Giovanni l’uomo che le assassinato il marito. Non tiene conto dei messaggi whatsapp che preparano l’arrivo di Giovanni in casa, non considera che per una settimana intera i due hanno pianificato l’assassinio.

Non tiene in contro che la stessa Elena ha dissimulato tutto ritenendo che si trattasse di una rapina. Infine Eliana conosceva Giovanni, lo ha incrociato con il coltello tra le mani, il sangue sui vestiti, quando è uscita dalla camera da letto attirata dalle urla del marito che arrivavano dal soggiorno. Poi la stessa vittima, nel delirio, ha detto alla polizia sopraggiunta appena dopo l’aggressione di guardare dietro una tenda: forse il ladro era ancora in casa. 

E anche per Piero Limatola e la moglie, i genitori di Giovanni, c’è una notte drammatica da spiegare ai magistrati. Quali reazioni ha causato l’arrivo di quel ragazzo in casa, trafelato, sconvolto, con i vestiti sporchi, il coltello tra le mani? Solo quando c’è la perquisizione dei poliziotti nell’abitazione di Cervinara, un paio d’ore dopo il delitto, Giovanni confessa e indica in un armadio il nascondiglio del coltello. Famiglie nel marasma, gli incarichi degli avvocati difensori mutano precipitosamente: da Innocenzo Massaro a Vanni Cerino del foro di Napoli per Elena, da Mario Picca a Mario Villani del foro di Benevento, per Giovanni. I legali hanno confermato al gip l’intenzione dei due ragazzi di non rispondere alle domande, come loro facoltà. 

Ieri mattina mentre si svolgeva l’udienza di convalida degli arresti, sotto al porticato del tribunale di Avellino mancavano i familiari di Giovanni. Ad attendere gli avvocati, come statue di sale, invece, raggelati in un dolore composto la sorella di Elena, Emilia e i due fratelli della Vittima, Gaetano e Giancarlo. 

Giancarlo ha provato a dare un senso a queste ore: «Mio fratello è un padre esemplare - racconta parlandone al presente - Un uomo perbene. Che vive per le figlie e per la moglie. Cosa poteva temere un uomo appisolato su in divano di sera? Su questo rapporto di Elena forse qualche battibecco come in ogni famiglia, ma nessuna avvisaglia: eravamo all’oscuro di tutto. Anche se non c’è più, Aldo è un padre d’oro». 

Gaetano, il fratello maggiore, ha ricordato Aldo con una foto sorridente e spensierata su Fb: «Due menti fragili hanno armato una mano assassina».

Oggi i funerali di Aldo Gioia nella chiesa di San Ciro, dove frequentava la parrocchia. 

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Il Mattino