Avellino, ecco i fidanzati killer:
la silenziosa Elena e Giovanni «Cobra»

Avellino, ecco i fidanzati killer: la silenziosa Elena e Giovanni «Cobra»
di Gianni Colucci
Sabato 24 Aprile 2021, 23:30 - Ultimo agg. 26 Aprile, 08:26
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Qualche sera avevano dormito insieme nel garage del palazzo di Corso Vittorio Emanuele, in pieno centro. Il loro legame affettivo tanto più andava consolidandosi quanto più forti erano le resistenze della famiglia di lei. Quelle due solitudini si sono rinsaldate in un simulacro di amore che doveva celebrarsi in un assurdo rito sacrificale. Elena e Giovanni vivevano nella loro bolla, in cui costruivano un progetto di vita in comune che doveva però cancellare l’ostacolo che vi si frapponeva. C’era da levare di mezzo la famiglia, quel padre molto amato da amici e colleghi all’ex Fiat, sempre gentile e affabile, che però si trasformava in un «nemico» quando voleva mettere bocca su quella love story. E nel progetto c’era da levare di torno anche la madre e la sorella, nella serata in cui i due sarebbero entrati in azione e in casa avrebbero potuto trovarle: due testimoni pericolose.

Elena, diciotto anni da due mesi, studentessa del quarto anno del liceo psicopedagogico, robusta ma dai lineamenti dolcissimi, prediligeva i rossetti scuri, esprimeva il disagio e l’inquietudine come ogni adolescente su Instagram e facebook. Difficile pensare a lei però come a una ragazza violenta.

Persa in un suo mondo, questo sì; impossibile pensare a lei come istigatrice e complice di un assassinio. La famiglia alle spalle era forte. I due fratelli della vittima, Gaetano e Giancarlo, figli di un amatissimo ingegnere che insegnava all’Istituto per geometri, raccontano in queste ore di come Aldo era certo preoccupato per questa sua figlia adolescente. E spesso passeggiava discretamente dietro di lei nelle strade del centro di Avellino per rassicurarsi su amicizie e frequentazioni. Sapeva anche di Giovanni, e a vedere questo ragazzo di 22 anni intorno alla figlia ci era rimasto male. A lei aveva detto a chiare lettere che doveva troncare. Ma non c’era mai stato un episodio che avesse potuto scatenare un odio tanto profondo. 

Giovanni, dal suo paese, Cervinara, in Valle Caudina, ai confini con il Sannio, andava con bus o macchina ad Avellino per incontrare Elena. Il padre netturbino, la madre casalinga, viveva in una casa modesta in periferia. Il mito distorto di Gomorra, la violenza gratuita e fasulla degli incontri di John Cena e la passione per le armi, per il wrestling ( di cui sono piene le sue pagine social), lo stesso nickname Cobra su Instagram, dicono molto di una personalità difficile, contorta. Tre anni fa era stato salvato da un maresciallo dei carabinieri: tentava di lanciarsi in un torrente. Voleva a suo modo fare colpo su una ragazzina di cui si era invaghito. Consumatore di droghe, i carabinieri l’avevano anche denunciato in passato per aggressioni a sue coetanee. Nel suo passato anche un trattamento sanitario obbligatorio. A dicembre aveva lasciato l’istituto professionale che frequentava. Dopo varie bocciature, aveva definitivamente deciso di abbandonare gli studi. Condizioni tali, le sue, da richiedere un’attenzione in più. Quelle che il suo ambiente non riusciva a dargli. 

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